“Gian Luca”. Non: “Pronto, sono Gian Luca”. Solo il nome, ben articolato, diviso in due parti, una voce squillante che risponde allo 011 5174716. Mi ricordo perfettamente quella prima telefonata con Gian Luca Favetto, poeta, scrittore, giornalista, tennista, giocatore di calcio e di belot, amico. Siamo alla fine del 1991 e lavoro per una piccola casa editrice voluta da Claudia De Benedetti e da Silvio Saffirio, e dopo aver imparato come si fanno i libri, ora siamo alla ricerca di autori per andare in libreria.

Sono qui con a fianco uno dei miei libri totem, ‘La casa in collina’. E’ la decima edizione in ristampa di una collana Einaudi, ‘Letture per la scuola media’, di cui continuo a comprare sulle bancarelle tutto quello che trovo. Questo però è il MIO primo libro di Cesare Pavese. L’ho comprato nel 1978, all’età di undici anni e mezzo, ed è ricchissimo di appunti.

E’ evidente che per un un bibliofilo non c’è niente di più entusiasmante di aver a propria disposizione una biblioteca. Una biblioteca grande e organizzata, ordinata, profumata, senza polvere da rimuovere. Non sono mai stato un topo da biblioteca, inteso come qualcuno che non ami stare fuori, camminare, discutere – anzi.

Parcheggiai l’auto, una Opel Corsa color canna di fucile, a pochi metri dalla villa. A quell’ora, mi aveva assicurato la Gina, nessun vigile sarebbe venuto a darmi la multa. Il sole era ancora alto in cielo, e, in controluce dalla collina di sinistra, scendeva un uomo alto, dal grande naso adunco, con un panama a tesa larga appena appoggiato sui radi capelli bianchi. “Va da Mario?”