CINEMA
UGO TOGNAZZI
Beppe Valperga
Una grande carriera cinematografica, una galleria di personaggi indimenticabili
Una mattinata gelida, di quelle che non invitano a uscire di casa e fanno pensare che sia opportuno rifugiarsi in cucina, per compensarsi con qualcosa di buono e calorico. Non c’è scelta e, considerati gli elementi a disposizione, ho deciso per una carbonara generosa. Spaghetti di ottima marca, pancetta appetitosa subito messa in padella a soffriggere, l’acqua a bollire, tre uova, parmigiano. Una voce decisa, quai seccata, mi fa sobbalzare: “Ma cosa fai! Cosa fai! Via il parmigiano! Tira fuori un pecorino romano ben stagionato!”
Mi volto e lo riconosco subito, è lui il conte Mascetti di Amici miei, Ugo Tognazzi, grandissimo attore, ma pure grandissimo ed espertissimo gastronomo, amante della buona cucina e buongustaio oltre ogni dire. Parecchi suoi amici ricordano, con l’acquolina in bocca, gli inviti luculliani a casa sua.
- Sì, lo prendo e grattugio.
Tognazzi – Così come la supercazzola alla bremadura. Basta, datti da fare.
- Se no?
Tognazzi – Se no antani e basta. E le uova sbattile a parte con un pochino di pepe bianco e nell’acqua a bollire poco sale, c’è il pecorino salato.
- Se no?
Tognazzi – Se no me ne vado e prima ti dico dove devi andare.
Ho seguito le istruzioni e la carbonara è riuscita a meraviglia e devo dire che Ugo Tognazzi per essere una presenza dall’aldilà non si è tirato indietro. Un Montepulciano di buon corpo ci ha fatto compagnia e, infine la domanda rituale:
- Tutto bene?
Tognazzi – Insomma, mi accontento…
Potrebbe essere un complimento, non potevo attendere di meglio da chi è stato un cuoco sopraffino, celebrato da Ferreri anche al cinema nella Grande abbuffata, anche se era un film sulla morte…
Tognazzi – Ho la cucina nel sangue. Nella mia casa di Velletri c’è un enorme frigorifero che sfugge alle regole della società dei consumi. È di legno e occupa una parete intera della grande cucina. Dalle quattro finestrelle si può spiare all’interno e bearsi alla vista degli insaccati, dei formaggi, dei vitelli, dei quarti di manzo che pendono, maestosi, dai lucidi ganci. Questo frigorifero è la mia cappella di famiglia.
- È l’abbondanza che dona sicurezza?
Tognazzi – Ho la cucina nel sangue. Dopo aver preparato una cena, la mia più grande soddisfazione è l’approvazione degli amici commensali.
- E se non approvavano? Pare che alcuni, dopo essersi saziati, scrivessero giudizi feroci…
Tognazzi – Come cuoco ho fatto sempre grandi piatti ed esperimenti. A esempio cito il maial tonné e il panettone tacchino. Per me ottimi. Facevo la cena dei dodici apostoli. Ero sempre in ansia per i giudizi. Avevo il desiderio di esibirmi per il gusto di essere a cena con gli amici.
- È stato l’attore più pagato del suo tempo. Avanspettacolo, televisione, teatro, radio, cinema, ha fatto tutto. Ha meritato tanti premi: 3 David di Donatello, 1 Globo d’oro, 2 Grolle d’oro, 4 Nastri d’argento, il premio a Cannes 1981 come miglior attore protagonista (nel film “La tragedia di un uomo ridicolo” di Bernardo Bertolucci).
Tognazzi – Il palmares, che soddisfazione.
- Un attore generosissimo che non ha mai esitato a mettersi in gioco, un attore nato, naturale, un attore che ha dato molto di sé stesso, qualcuno ha detto: un ragazzo nato a Cremona che ha imparato a vincere la timidezza e a iniziare una carriera nello spettacolo.
Tognazzi – Posso dire di essere entrato nella famiglia degli artisti a 18 anni. Da bambino mi ricordo che andavo a vendere il latte con mio nonno. Aveva un carrettino. Mi dava la trombetta e io la suonavo. Venivano le donne a prendere il latte. Poi, quando ha smesso di vendere il latte, si è messo a vendere carbone, dal bianco al nero, pensavo io.
Mia madre mi voleva prete, mio padre mi mise un violino in mano, non volevo fare l’impiegato.
Per ragioni di famiglia andai a lavorare presto, a 14 anni. Andai a fare il contabile nel salumificio Negroni di Cremona. Nel tempo libero recitavo in una filodrammatica del dopolavoro aziendale. Poi mi licenziai per il teatro.
Realizzavo il mio sogno di non stare fermo in un posto. Andare a Milano, in treno, contornato da tante belle ragazze. Per anni non ho visto la luce del giorno. Non sapevo niente, vedevo le luci della ribalta. La luce della trattoria, della pensione, dell’alberghetto, successivamente di un bell’albergo e poi la prima macchina. I primi successi.
- Poi la televisione, la celebrità, il cinema.
Tognazzi – La celebrità per me consiste nella constatazione che faccio di giorno in giorno. In televisione con Raimondo Vianello facevo la parodia di spettacoli televisivi e pure parodiavo personaggi che non avevo mai visto. Finì quando Gronchi cadde accanto a De Gaulle. Dicemmo “Tutti possono cadere”.
- Una grande carriera cinematografica, una galleria di personaggi indimenticabili.
Tognazzi – Sì, ho portato sullo schermo un solo personaggio di nome Tognazzi.
- Scrissero che Ugo Tognazzi era un uomo che aveva l’umiltà per la gioia di vivere e l’amore per le cose.
Tognazzi – È vero.
- Pensa di essere un intellettuale?
Tognazzi – Credo proprio di no. Quando andai da Costanzo avvenne una discussione tra Sgarbi e Zechi, mi chiese perché tacevo e dissi: “Io, data la mia ignoranza, non ho ancora capito niente”.
- Dicono che sia stato un grande amatore e un grande amante dei piaceri della vita.
Tognazzi – È chiaro che non vivo senza mangiare e senza bere, non vivo nemmeno senza lavorare, non vivo senza fare l’amore. Mi piace variare, avere nuove esperienze, nuove curiosità. Mi piace l’amore dopo aver pranzato, o prima, non ho orari. Sto bene con una donna che non frequento. Ho l’impressione che il giorno in cui non lo farò più sentirò aprirsi la porticina dell’aldilà. Se c’era una donna dovevo essere galante. Ho sempre avuto la passione per le donne.
- E i figli?
Tognazzi -Amo i miei figli. I figli mi dicevano che ero un ugoista, ma dicevo a loro, per fare felici voi devo essere felice io. Ci tenevo tantissimo che nelle feste i figli, la famiglia mi fossero tutti vicini. Gioia di vivere, amore. Una famiglia allargata.
- La sua è stata una vita importante, intensa. È felice?
Tognazzi – No, perché non volevo invecchiare. Avevo un desiderio impossibile: fermare il tempo. Non volevo morire, invecchiare, zoppicare, non mangiare, chiedere caramelle come un bambino. Non ho voglia di invecchiare.
A questo punto ci siamo guardati per un attimo, poi Ugo Tognazzi si è dissolto dicendo in un sussurro “Brematurata alla supercazzola o scherziamo?”
(Ugo Tognazzi è nato a Cremona il 23 marzo 1922 e morto nel sonno a Roma a 68 anni il 27 ottobre 1990 per emorragia cerebrale)