SOCIETA’
IL MONDO DOPO LA PANDEMIA
Valerio Saffirio
Allora rimettiamo i piedi per terra e cavalchiamo la tigre possente della trasformazione digitale per inventarci un nuovo modo di vivere.
Con l’avvento di Covid 19 stiamo assistendo ad una vera e propria guerra di posizione. Man mano che il Virus avanzava nelle nostre vite ci ritiriamo via via sempre più nelle nostre trincee più intime: le case. In ogni parte del mondo lo scenario si è ripetuto in cicli simili differiti nel tempo di poche settimane. Mai visto prima nulla di simile, in epoche recenti. Insieme al virus avanzano nuove aspettative, nuove leggi (spesso disastrose), vecchie professioni si “vetrinizzano”(virologi e immunologi) insidiando sui media e sui social rock star e sportivi, aumentano ansia, paura e disagio sociale. Crolla la fiducia. E l’uomo arretra assecondando l’istinto naturale ed evolutivo del suo cervello che lo porta alla scelta più elementare: combattere o fuggire. L’uomo si ritira combattendo la guerra della scienza per trovare un antidoto, un vaccino, ma tralasciando la battaglia decisiva, quella del cambiamento. Nel nostro incedere di masse chimiche ed elettriche abbiamo dimenticato chi siamo e da dove arriviamo. Il virus è natura e la natura avanza quando l’uomo arretra. Le meduse ricompaiono nei canali di Venezia, i fenicotteri atterrano a Mumbai, i pesci ripopolano Phuket in Tailandia ridando vita alle vecchie comunità di pescatori quasi estinte per il turismo di massa, le anatre passeggiano per le vie di Torino, i cervi fanno shopping a Londra. Pochi mesi di confinamento e l’economia rotola verso il basso dando un segnale di enorme debolezza. Siamo davvero così fragili? Economia è un termine che unisce due termini di derivazione greca: oikos (dimora) e nomia (amministrazione). L’economia è quindi “l’amministrazione della casa”. Che razza di amministratori siamo stati negli ultimi 100 anni? Fin qui le notizie brutte. Ora quelle pessime. La popolazione mondiale cresce sempre di più di anno in anno: nel 1950 la popolazione mondiale era stimata in circa 2,6 miliardi di persone. Ha raggiunto i 7 miliardi nell’ottobre 2011 e si prevede aumenterà di 2 miliardi di persone nei prossimi 30 anni, dai 7,7 miliardi attuali ai 9,7 miliardi nel 2050 raggiungendo il picco di quasi 11 miliardi intorno al 2100. Questa crescita è stata guidata in gran parte da un numero crescente di persone che non ne vogliono sapere di invecchiare ed è stata accompagnata da cambiamenti nei tassi di fertilità, aumento dell’urbanizzazione e accelerazione della migrazione. E allora? Allora rimettiamo i piedi per terra e cavalchiamo la tigre possente della trasformazione digitale per inventarci un nuovo modo di vivere. A partire dai luoghi dove ci piace vivere: le città. 3.5 miliardi di persone abitano gli spazi urbani nel mondo e si stima che entro il 2050 saranno circa il 70% della popolazione mondiale. Oggi le vediamo chiuse ma le città rimangono il fulcro centrale dell’esistenza umana, fatta di sentimenti, scambi, lavori, studi. Immaginiamoci città nuove rispettose delle differenze e capaci di sperimentare nuovi percorsi di relazioni tra gli individui e le loro vite. Riconsideriamo la mobilità. Entro il 2025 Helsinki dirà addio al traffico generato da automobili private grazie ad un progetto rivoluzionario battezzato Kutsuplus che prevede una integrazione del trasporto pubblico, del bike sharing, dei treni e dei traghetti, in modo da rendere superfluo il possesso e l’uso di un veicolo privato. Rivediamo gli spazi pubblici.
Parc de la Distance è un progetto dello studio austriaco Precht che immagina un parco pubblico costituito da una rete labirintica di siepi larghe tre piedi. Il tracciato prevede percorsi a piedi di 20 minuti che, in teoria, possono essere completati mantenendo la distanza dagli altri grazie a cancelli che segnalano quando i percorsi sono occupati. È troppo presto per sapere quali idee saranno davvero decisive ma la pratica dell’allontanamento sociale potrebbe continuare a lungo dopo l’attuale crisi. Forse per sempre. Riprogettiamo gli spazi privati. Negli Usa il 40% della forza lavoro agisce in smart working e i dipendenti Google lavoreranno da casa fino all’estate 2021. “Le aziende scopriranno che non hanno bisogno di tanto spazio per uffici, le persone chiederanno case più grandi”. (Richard Florida). Ma ci saranno conseguenze. Nicholas Bloom della Stanford University prevede che se le città perdessero lo spazio per uffici precedentemente utilizzato dai lavoratori della conoscenza le spese urbane nel complesso potrebbero diminuire di un terzo. L’esodo di lavoratori di alto valore avrà pericolosi effetti a catena sui residenti della città, dai camerieri ai negozianti fino agli attori e artisti il cui operato infonde alle città gran parte del loro carattere. Valutiamo diversamente il tempo e il suo utilizzo negli spazi cittadini. “Se altri virus dovessero entrare nella nostra vita dovremmo immaginare popolazioni diverse che frequentano gli stessi luoghi in orari diversi così da evitare sovraffollamenti”, suggerisce PlanetB. Amsterdam ha istituito un Sindaco della Notte che lavora per conciliare le esigenze di chi vive di giorno con quelle di chi vive di notte. Ripensiamo il rapporto con le aree rurali come corridoi ecologici. Rendiamo totale l’accesso alle infrastrutture tecnologiche e alle reti e così le città piccole e i paesi che hanno piazze, cibo, cultura diventeranno destinazioni possibili attraendo nuovi cittadini. Rinnoviamo il rapporto con l’agricoltura. IMB ha presentato a San Francisco un rapporto sulle nuove tecnologie per lo sviluppo agricolo tra cui la distributed ledger technology, l’applicazione della tecnologia alla filiera alimentare: ogni produttore saprà esattamente quanto produrre, ordinare e spedire per il successivo anello della catena, evitando così tutti quegli sprechi che caratterizzano il modello attuale, garantendo più freschezza e qualità dei cibi che arriveranno ai consumatori, grazie all’utilizzo integrato di blockchain, IoT e degli algoritmi di intelligenza artificiale. Questa è la vera notizia positiva. Si chiama Rivoluzione digitale. Il Virus ha attaccato un’umanità debole, un terreno fertile dove crescere e prosperare. Senza però fare i conti proprio con lui. L’uomo. Il virus peggiore di tutti. Quello capace di uccidere chiunque senza una vera ragione: i propri simili e il pianeta dove abita. La speranza? Più di una. La prima è che a comandare siano via via sempre più le donne. Loro sanno meglio cosa vuol dire generare e conservare. Percorso difficile ma possibile. La seconda è che il nuovo umanesimo, perfettamente descritto da Yuval Harari nella formula conoscenza=esperienza sensibilità, unito alle infinite possibilità della trasformazione digitale, possa guidarci verso un futuro più equo, più sostenibile, più vicino agli ultimi. Il mondo di domani ha una grande opportunità che deve essere sfruttata da subito: liberarsi dagli schemi del 900 e inventarne di nuovi. Non un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca. E così sia.