CULTURA
MARINA CICOGNA MOZZONI VOLPI DI MISURATA
Donatella D’Angelo
Una famiglia importante che ha radici che derivano dai Dogi, un suo avo costruì il Ponte di Rialto.
O più semplicemente Marina Cicogna. Una vita all’insegna dell’eleganza, questo è quello che emerge assistendo ad uno straordinario docufilm firmato da Andrea Bettinetti, con il produttore Riccardo Biadene e distribuito da Cinecittà Luce. La storia straordinaria di una donna straordinaria, tutto quello in cui si è cimentata è stato un successo, come ha ricordato la regista Liliana Cavani. Produttrice, distributrice, la prima in Italia, poi talent scout, sceneggiatrice, fotografa, collezionista. Anche la sua vita privata, anticonformista ma discreta, vissuta con naturalezza, la sua omosessualità mai esibita, esibiti invece ma con una classe infinita, i suoi outfit splendidi, indossati perfettamente su un corpo da modella. Amica intima di Valentino, come ricorda Giancarlo Giammetti e sua prima musa, adesso testimonial di Gucci, scelta dal direttore creativo Alessandro Michele. La sua vita un ottovolante di emozioni, dove a volte per caso, a volte con caparbia, ha dovuto accettare drammi famigliari, come il suicidio del fratello, oltre all’anaffettività dei genitori, specie del padre. Alla domanda se è più legata alla famiglia o al Cinema, risponde senza esitare che il cinema l’ha scelto, la famiglia l’ha subita. Una famiglia importante che ha radici che giungono dai Dogi, un suo avo costruì il Ponte di Rialto, un ponte a me caro perché porta al Palazzo dei X Savi, dove vi sono collocati gli uffici della Magistratura alle Acque, la più importante istituzione veneziana e in cui mi sono recata per lavoro diverse volte. La parte materna non meno affascinante, con Giuseppe Volpi conte di Misurata, il titolo gli fu concesso nel 1920 da Re Vittorio Emanuele III, come governatore della Tripolitania, Ministro dal ‘25 al ‘28, Presidente di Confindustria per attività imprenditoriali diversificate in tantissimi settori, tra cui quello alberghiero, sua la nota Catena Ciga. Per quest’ultimo motivo, come racconta la stessa Marina nel docufilm, si inventò il Festival del Cinema nel 1932, per favorire il turismo “alto”, attirando le star dal mondo intero. Riuscì così bene che divenne una consuetudine, portando poi la famiglia ad entrare nel business del cinema come produttori e distributori, questo impegno si trasformò poi per la giovane rampolla dell’aristocrazia, in una passione. Marina confida anche con disincanto, che la madre acquistò il pacchetto azionario dell’”Euro International Film“ come investimento, trasformando la società in poco tempo in una potenza, sino a quando il fratello Bino, fragile e dissennato, complici personaggi senza scrupoli, la portò nel 1971 al dissesto, l’epilogo fu tragico con il suicido in Sudamerica. Di qui le sorti della famiglia, costretta a vendere palazzi e a cedere diritti su film di grande cassetta. Il tutto è raccontato senza nascondere o giustificare nulla con grande dignità ed eleganza da Marina, solo con un velo di tristezza negli occhi. La madre, donna di grande temperamento fu anche personaggio di spicco nella tutela dei Beni Culturali e fondò insieme a Giorgio Bassani, Italia Nostra. Diversi anni dopo, giovanissima ebbi modo di frequentare lo scrittore, insieme alla sua compagna, l’estrosa contessa veneziana, Teresa Foscari Foscolo, definita per le lettere che lo scrittore le inviava, la vera Micol del Giardino dei Finzi Contini. Anche lei personaggio dedito a quella che amo definire la” mondanità funzionale”, portò Ted Kennedy a Venezia per sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sui problemi della Laguna. Diversissime queste dame, da un’altra contessa veneziana da me conosciuta, Francesca Tiepolo, solo dedita alle sue ricerche archivistiche, sino alla fine dei suoi anni, avvenuta nel 2020, quando ne aveva già compiuti novantaquattro. Una vita intensa quella di Marina, vissuta nelle diverse città, dove sono le sue radici, principalmente Venezia, Milano, Roma ed ora anche a Modena, con il suo archivio di ricordi. Non solo l’Italia ovviamente ma anche il mondo, come si addice ad un personaggio del jet set e nel suo caso anche per lavoro, Parigi, New York, Los Angeles, tutte le capitali europee e quelle dei festival. Principalmente però, anche grazie ad una serie di relazioni ed amicizie di spicco, quali i Kennedy, Jonn e Jacqueline,
Maria Callas ed Onassis, Kissinger, Gianni Agnelli, Henry Fonda, Liz Taylor e Richard Burton e tutto lo star system internazionale, tutti facevano capo a Venezia, con qualche puntata a Capri e Cortina. Celebri le sue feste ed i suoi balli, quello a Ca Rezzonico, ancora oggi ricordato come un evento unico per fasto ed eleganza, chiese a tutti di vestirsi in bianco e oro, molti anni dopo feci la stessa cosa per una grande festa a Torino a Palazzo Madama per il ventennale della Fondazione Bellisario, in cui invitai le amiche a vestirsi in grigio, argento e azzurro, colori della Dimora Sabauda. Ricorda spesso che il suo mentore fu David O. Selznick, il produttore di “Via col Vento” e “Rebecca”, solo per citarne due tra i più noti, conosciuto quando lei era una ragazzina, da cui prese il pragmatismo americano applicandolo alla cultura italiana. Innumerevoli film prodotti per cui ricevette riconoscimenti internazionali, l’Oscar per “Un Cittadino al disopra di ogni sospetto”, di cui si rammarica ancora adesso per non essere andata a ritirarlo e che le causò per le tematiche, attriti con Zeffirelli, viceversa protagonista e regista non poterono recarsi per la loro iscrizione al PCI. Poi vennero altri premi per altri film, Palma d’oro e Grand Prix a Cannes Tantissimi i film di successo prodotti o distribuiti: ”C’era una volta il West” di Sergio Leone, “Medea”, ”Theorema”, con Pasolini poi “Metti una sera a cena” (colonna sonora di Moricone), di Patroni Griffi, racconta poi che ebbe una discussione con entrambi, per la scelta di attori, Pasolini voleva attori i suoi ragazzi di vita, lei gli impose Terence Stamp, con il geniale ma indolente regista napoletano, per i tempi dilatati delle riprese. Altri memorabili, come” La lunga notte del 43” di Florestano Vancini, tratto da un racconto del romanzo “Cinque storie ferraresi”, con il quale Giorgio Bassani vinse il Premio Strega nel 1956. Suoi anche film meno impegnati, come i musicarelli e poi alcuni di Totò, di cui ricorda, nel periodo buio di averne perso i diritti. Poi “Django”, nel docufilm c’è una lunga intervista a Franco Nero, senza dimenticare” il prof. Guido Terzilli”, ”Mimì metallurgico”, ”La classe operaia va in Paradiso”. Non meno rilevante poi il ruolo di importatrice e distributrice di film stranieri, di cui uno molto discusso e che fece scalpore, il tedesco” Helga”, comprato per pochissimo e che fruttò miliardi, fu campione di incassi nel 1968, anche per le astute invenzioni promozionali di Enrico Lucherini. Era la prima volta in assoluto che si vedeva un parto in primo piano sul grande schermo e le polemiche non fecero che alimentarne la curiosità e le file al botteghino. Per alcuni film poi, gli attori li sceglieva personalmente, attenta non solo alle capacità artistiche ma anche a non sforare il budget, quindi una sintesi di pugno di ferro in un guanto di velluto, una vita piena, come recita il titolo del docufilm, attiva anche adesso con programmi futuri, ad esempio il sogno di un documentario su Peggy Guggenheim. Circondata da cari amici come Ornella Vanoni, Jeremy Irons, Ginevra Elkann, Alessandro Michele e la vicinanza attenta, discreta ed affettuosa di Benedetta Gardona, si muove nelle sue case e per campi e campielli con un passo felpato e regale. Recentemente è stata anche autrice di un libro gioiello “Imitatio vitae” che contiene le foto di capitelli marciani che raccontano storie di mondi lontani con i commenti di Valentino, Marina Abramovic, Vanessa Redgrave, Dante Ferretti, Dacia Maraini, Lina Wertmuller, in copertina il cagnolino Jai, che ha un suo profilo Instagram, l’unica concessione ai social di “uno di famiglia”. Nel docufilm le splendide immagini delle città, date dalla suggestiva fotografia e sottolineate dalle evocative musiche originali di Fabio Barovero, la cura dei dettagli, l’estetica, il perfezionismo, esaltano questa figura iconica, un vero e proprio omaggio e messaggio del Made in Italy, che deve essere esportato all’estero, come un patrimonio irripetibile, riproponendo l’eleganza, lo stile e la Bellezza.