ATTUALITA’

IL DILEMMA DI MARK

Valerio Saffirio

Il metaverso sarà il successore di Internet mobile.

La trasformazione digitale non ha confini per definizione. Si muove velocemente e in modo trasversale all’agire umano. Non è né buona né cattiva. Dipende da come la si gestisce e da come la si usa e le parole chiave per interpretarla alla fine sono quelle che accompagnano da sempre l’umanità nel suo cammino: responsabilità e fiducia. Tuto intorno il “mercato” con la sua spietata dualità: domanda e offerta. In questo mercato si è da poco affacciata Meta, la nuova società voluta da Mark Zuckerberg per gestire i suoi gioielli: Facebook, Instagram, Whatsapp e Oculus. Un nome inquietante (come il video di presentazione) che deriva dal greco antico ma anche da Metaverso, termine coniato dallo scrittore di fantascienza cyber punk Neal Stephenson nel suo libro Snow Crash del 1992, nel quale descrive un mondo di realtà virtuale a cui si accede tramite internet attraverso un proprio avatar. Sul perché il fondatore di Facebook abbia voluto iniziare un percorso di allontanamento da Facebook si possono fare molte ipotesi ma ricordiamoci che non è né il primo né l’ultimo nel cercare una diversificazione di business. Nel 2015 è comparsa Alphabet, società madre di un numero enorme di aziende tra cui Google, il motore di ricerca più usato al mondo. Mark ci descrive la sua idea in questo
modo “Il metaverso sarà il successore di Internet mobile. Saremo in grado di sentirci presenti come se fossimo proprio lì con le persone, non importa quanto siamo distanti. Saremo in grado di esprimerci in nuovi modi gioiosi e completamente immersivi. Oggi siamo visti come una società di social media, ma nel nostro Dna siamo un’azienda che costruisce tecnologia per connettere le persone e il metaverso è la prossima frontiera proprio come lo era il social networking quando abbiamo iniziato”. Quindi? Un modo di iper connessione tra la vita reale e quella virtuale “aumentato” da
ologrammi e immerso in schermi di ogni dimensione? Per ora possiamo solo immaginarlo ma non ci è dato di saperlo. Ma la notizia ci fornisce lo spunto perfetto per ragionare su Facebook e in generale sui social media ponendoci qualche domanda che sono certo ognuno di noi si sarà fatto magari più di una volta: sono buoni o cattivi? Hanno migliorato la nostra vita o l’hanno peggiorata? Ma prima un’ulteriore domanda su cui riflettere e magari utile a dare delle risposte a quelle precedenti: perché Zuckerberg ha sentito proprio adesso la necessità di cambiare? Vi propongo due scenari.Il primo è quello del mercato. Il prodotto è maturo (l’età media degli users si è alzata di molto e il pubblico più giovane non lo considera proprio migrando su altre piattaforme prima fra tutte TikTok), gli altri prodotti di Meta iniziano a comportarsi bene (Instagram e Whatsapp crescono in quasi tutti i mercati), Oculus Rift si mantiene al comando di uno degli scenari più promettenti, quello dei visori per la realtà virtuale.

Quindi, da buon imprenditore e da ottimo visionario qual è Mark decide di diversificare immaginandosi un mondo di interazioni per il futuro molto diverso con esperienze sincrone (reali e virtuali) in tempo reale via via sempre più indipendenti dalle App. Ma analizziamo un’altra ipotesi. Mettere sul mercato un altro nome significa anche iniziare a prendere le distanze da Facebook (tra l’altro Zuckerberg ha annunciato che in futuro non servirà più un account Fb per utilizzare gli altri servizi Meta) dopo che negli ultimi anni il social network ha generato enormi critiche da parte dei media e dell’opinione pubblica per molti aspetti di informazione /disinformazione/ privacy che hanno iniziato a minarne la credibilità ponendo al fondatore un dilemma complesso: che tipo di rapporto vuole avere Fb con il suo pubblico? Nel social media nato per fare incontrare vecchi amici oggi troviamo davvero di tutto e spesso notizie tossiche e commenti improponibili su temi troppo importanti per essere (forse) veicolati con leggerezza spesso criminale. Il risultato: ore e ore passe proprio sulla piattaforma, con il relativo guadagno di chi la gestisce, palleggiati abilmente dai suoi algoritmi. Del resto, provateci voi a gestire una platea oggi di quasi 3 miliardi di utenti. Altro che vecchi amici. Oggi Fb è in grado di influire su scelte politiche, economiche e sociali. Ed ecco di nuovo le parole chiave sulle quali  Mark dovrebbe riflettere nuovamente: fiducia e responsabilità. Ma non è tutto. Frances Haugen, un’ex dipendente di Facebook che ora vive a Porto Rico ha messo in rete migliaia di documenti della società presi dalla piattaforma interna Workplace (che utilizza il software di Fb ma aperto solo ai dipendenti) con frammenti di comunicazioni a loro volta pubblicati da una specie di consorzio di giornalisti appartenenti a testate tra loro concorrenti tra cui Associated Press, CNN, Le Monde, Reuters e la rete Fox Business. Migliaia di commenti di chi lavora internamente a Fb che mostrano al mondo come anche all’interno del social media tutti si pongano alla fine la stessa domanda pur se in modi diversi: stiamo facendo la cosa giusta? Forse è proprio questo il dilemma di Mark e Meta è il suo mutamento. Una trasformazione dovuta alla perdita di controllo della domanda da parte di chi controlla il mercato con un’offerta non più gestibile. E allora, tutti verso un nuovo Mondo.