ATTUALITA’
LA RAGIONE ARMA MIGLIORE CONTRO IL VIRUS
Giuseppe Mazzei
Il Governo invece di colpire nel mucchio dovrebbe intervenire chirurgicamente settore per settore
La prima ondata aveva travolto l’Italia prima di ogni altro Paese occidentale. Ne eravamo rimasti frastornati. Con un ritardo di due settimane avevamo finalmente capito che si trattava di un nemico completamente sconosciuto che dovevamo affrontare a mani nude, senza sapere come gestirlo. Così, dopo incertezze iniziali e tante sciocchezze proclamate come un guanto di sfida al “nemico” virus, ci eravamo rassegnati: c’era poco da scherzare, bisognava adottare decisioni drastiche. Il Governo, di fronte ad ospedali che si riempivano, terapie intensive al limite della saturazione, numero crescente di morti decise per il lockdown totale. Eravamo stati molto sfortunati. Il virus aveva colpito i due ambienti più delicati, gli ospedali e le RSA. Nei primi si era diffuso rapidamente, perchè i suoi portatori non erano stati identificati per tempo e non erano stati separati dagli altri malati; nelle seconde, tra scarsa professionalità, decisioni irrazionali e carenza di mezzi, il virus aveva trovato il terreno ideale per seminare morte. Dall’estero ci guardavano come l’unico Paese infetto della civile Europa, provavano ad alzare barriere protettive contro l’Italia, ignari che il male era già nelle loro case e presto avrebbero dovuto farci i conti. Rispetto all’Italia, gli altri Paesi hanno avuto 2-3 settimane di tempo per capire cosa stava succedendo. E non pare ne abbiamo fatto buon uso. Il nostro Governo si era assunto una pesante responsabilità nel bloccare tutto. A mali estremi rimedi estremi. Ma le conseguenze di questa chiusura, che settimana dopo settimana si prolungava fino a raggiungere i due mesi, cominciavano a pesare. La paralisi dell’economia, il blocco totale delle scuole, il crollo della socialità costretta tra quattro mura erano il costo elevatissimo che dovevamo pagare perchè non avevamo mascherine, perchè le strutture sanitarie erano largamente insufficienti, perchè mancava personale medico, perchè nessuno sapeva come trattare i malati di Sars-Cov-2, in grande maggioranza persone anziane con altre gravi malattie croniche. Li intubavano e pompavano ossigeno, visto che si trattava di polmoniti interstiziali bilaterali che toglievano il respiro. E nel frattempo si cominciavano a sperimentare farmaci antiinfiammatori e antivirali. La comunità scientifica si dava da fare. La politica si affannava a iniettare ossigeno finanziario per supportare chi dal lockdown subiva una forte penalizzazione economica. Ma qui il Governo doveva fare i conti con due problemi: la farraginosità di procedure adottate con decisioni che non tenevano conto delle esigenze dei soggetti interessati, e la strutturale inefficienza della macchina pubblica, incapace di fare arrivare i sussidi con la tempestività necessaria. Così gran parte dei soldi stanziati si arenavano nelle sabbie mobili delle carte bollate. Il Governo sceglieva di fare tutto da solo, di non consultare l’opposizione, di emettere a valanga DPCM, provvedimenti amministrativi, alcuni dei quali potevano essere sostituiti da normali decreti legge. Nel frattempo Conte ingaggiava una dura battaglia per ottenere dall’Europa non pannicelli caldi ma una gigantesca operazione di salvataggio e rilancio dell’economia, ben oltre la politica espansiva forzata della BCE. Agli inizi di maggio i risultati della “clausura” cominciavano a vedersi e a metà maggio si potevano allentare le misure: lentamente l’Italia tornava alla normalità possibile. Nel volgere di un mese le aziende sopravvissute erano riaperte, il commercio riprendeva fiato, perfino il turismo cominciava svegliarsi dal letargo forzato e Conte, con il sostegno di Merkel, Macron e Sanchez, tornava vincitore dalla battaglia d’Europa, con una dotazione potenziale di 209 miliardi cui si aggiungevano i 25 del SURE,
altri 30 attivati dalla BEI e 37 messi a disposizione del MES: 300 miliardi, 20 punti di PIL, una cifra impensabile che lasciava ben sperare in una rapida uscita dal vortice della depressione non solo economica ma anche sociale. Fin qui il Governo, tra numerosi errori anche di comunicazione e sovraesposizione, aveva raggiunto alcuni obiettivi: frenata la corsa del virus, svuotati ospedali e terapie intensive, ottenuto dall’Europa più di quel che si aspettava. Da quel momento in poi , calata la tensione, il Governo ha smesso di gestire la pandemia che invece continuava ad esistere. Si è dedicato a inutili kermesse come i famosi “stati generali” e si è distratto dal vero compito che doveva svolgere: prepararsi alla seconda ondata. Complici alcune improvvide dichiarazioni di luminari della medicina, si è diffusa l’errata convinzione che il virus fosse stato ormai sconfitto o che colpiva in maniera talmente debole (scarsa carica virale) che non valeva la pena di occuparsene più di tanto. Il Governo si dedicava, con mesi di ritardo, a preparare le scuole ad una riapertura in sicurezza ma nessuno si occupava del problema dei trasporti pubblici, di rafforzare le strutture sanitarie, di predisporre protocolli omogenei per le regioni italiane e soprattutto nessuno predisponeva la rete di tracciamento dei contagi potenziando la dotazione di sistemi di diagnostica di massa. Le Regioni non hanno fatto la loro parte, anzi hanno incentivato comportamenti collettivi superficiali e irresponsabili. Il Governo e gli enti locali non hanno effettuato i controlli necessari sul rispetto delle norme e si è diffusa un’allegra anarchia alimentata dalla superbia di sentirci fuori pericolo perchè noi, ai primi di settembre, avevamo poche centinaia di contagi mentre Francia e Spagna già viaggiavano intorno ai 7-10 mila. Ma stavolta era l’Italia che non capiva la lezione che veniva da altri Paesi europei e si illudeva che la seconda ondata sarebbe stata per noi un’ondina e per gli altri uno tsunami. Da qui il ritardo di due mesi con cui il Governo, colpevolmente, si è accordo che la pandemia era fuori controllo. Da qui l’adozione di scelte tardive, confuse, poco coerenti e razionali, ma considerate una misura intermedia per evitare una seconda impossibile grande chiusura. Il Governo invece di colpire nel mucchio dovrebbe intervenire chirurgicamente settore per settore, dettando norme rigide che consentano la continuità di quelle attività che rispettano le regole, aumentando i controlli e irrogando sanzioni severe per i trasgressori. Ma, Governo e Regioni dovrebbero soprattutto mobilitare le risorse private nella sanità e nei trasporti per creare un meccanismo pubblico-privato di gestione dell’ emergenza di questi servizi, riducendo l’affollamento di metro e bus e aumentando i luoghi per la diagnostica e il tracciamento dei contagi. Il problema della seconda ondata è il gran numero di persone che avranno bisogno di curarsi e l’impossibilità degli ospedali di poterli gestire tutti contemporaneamente. Per questo bisogna rallentare la corsa del virus senza bloccare l’economia e la scuola, dove i doppi turni potrebbero essere la misura più facile e meno dolorosa da adottare. Se il Governo e le Regioni non saranno capaci di agire selettivamente, con razionalità e rigore, quella di chiudere tutto o quasi sembrerà l’unica medicina da somministrare. Siamo ancora in tempo per evitare il peggio.