EMOZIONI

LA SPERANZA, IL PRIMO CAVALIERE 

Walter Comello

Anche Ermes aveva regalato qualcosa alla donna, la curiosità. Etimologicamente curiosità è la capacità di tener cura di qualcosa, il curarsi di e questo era l’intento di Ermes.

Pandora, malgrado la sua umana condizione o forse proprio per questa, venne meno alle disposizioni di Zeus che a lei aveva dato fiducia e in consegna un vaso contenente tutto ciò da cui gli uomini dovevano essere tutelati. Per curiosità e solo per quella, un giorno scoperchiò il vaso per scoprirne il contenuto, liberando così tutti i mali del mondo, tra questi gli spiriti maligni della vecchiaia, della gelosia, della malattia, della pazzia e del vizio. Pandora resasi conto del suo grave comportamento cercò di richiudere subito il vaso, ma sul fondo rimase soltanto la speranza che non aveva fatto in tempo ad allontanarsi. Dopo l’apertura del vaso il mondo era diventato un luogo desolato e inospitale simile ad un deserto, fintanto che Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza e fu allora che il mondo riprese a vivere. C’è da chiedersi perché Zeus avesse messo nel vaso la speranza tra i mali del mondo, quando fu poi proprio questa la medicina. Forse non si fidava completamente di Pandora, ma di qualcuno ci si deve pur fidare. Fu così che dandole in consegna il vaso inserì in fondo a questo anche il vaccino che ponesse rimedio ai mali del mondo, in previsione che Pandora, sedotta dalla curiosità, lo aprisse. Pandora fu la prima donna, resa stupenda da Afrodite, abile da Era, alla quale Apollo aveva insegnato la musica e Atena l’aveva vivificata. Anche Ermes aveva regalato qualcosa alla donna, la curiosità. Etimologicamente curiosità è la capacità di tener cura di qualcosa, il curarsi di e questo era l’intento di Ermes. Zeus è la conoscenza, dove il potere è sapere prima che volere e questo ne è solo la conseguenza. Consapevoli degli accadimenti abbiamo bisogno che Pandora riapra subito il vaso, il mondo ha bisogno di guarire e il vaccino è la speranza. La speranza è il vaccino prima che il vaccino la speranza. E allora speriamo nella speranza, in lei confidiamo come in una travolgente cascata di ottimismo, che piove dal cielo, che scende dall’Olimpo dove certamente Zeus si è riportato il vaso e di Pandora non si ha più menzione. Anche Psiche non aveva saputo resistere alla sua curiosità venendo meno al patto con Amore e sollevando quando questo stava dormendo la maschera d’oro che gli copriva il volto. Per questo Psiche perse Amore, l’amore ha bisogno del suo magico mistero. Meglio Eva che senza presunzione ha peccato per passione condividendola con l’uomo che amava. Si può accettare anche l’inferno per una buona causa e l’amore lo è. Zeus ci liberi dalla curiosità quando questa non è creatrice e non è prendersi cura, ma solo la superflua ciliegina sulla torta per un corpo già opulento. E allora apriamo le braccia al cielo perché, come scriveva Eraclito, senza la speranza è impossibile trovare l’inaspettato. Dobbiamo avere nuovi occhi perché la speranza vede l’invisibile, tocca l’intangibile e raggiunge l’impossibile. La speranza non è un sentimento passivo, ma lo start up dell’azione, un atto necessario alla vita che allontana e porta più lontano della e dalla paura. E’ una potente nuova energia che muove il corpo e la mente verso una luce in fondo al buio.

Chi non ha speranza non agisce, non combatte, muore. Anche quando tutto sembra andare male è necessario fare un maledetto favore alla propria anima, anche lei prima del Paradiso si aspetta di vivere ancora. La maggior parte delle cose importanti del mondo sono state compiute da persone che hanno continuato a cercare, a provare, a credere, anche quando sembrava non ci fosse nessuna speranza. Così è per coloro che sono sopravvissuti alle delusioni, alla tristezza, ai tradimenti, alle catastrofi sotto alle macerie della propria casa, della vita, alla malattia che ti divora dentro, alla morte che non accetti perché può ancora aspettare.  La speranza ha due bellissimi figli, scriveva Sant’Agostino, lo sdegno e il coraggio; lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle. Triste chi non ha speranza, ma ancor più chi non crede al suo potere, relegando a questa lo scenario delle favole. Le favole non dicono ai bambini che esistono i draghi, i bambini già sanno che esistono, le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere uccisi. Il nostro sistema immunitario sarebbe inefficiente e inefficace senza la speranza e se il vaccino contro il male del mondo fosse anche solo costituito da una soluzione fisiologica, questo sarebbe una grande iniezione di speranza, capace di risultati prodigiosi. La speranza è come un sentiero nel bosco che prima non c’era, qualcuno ha cercato una via facendosi strada tra alte felci e rovi, altri lo hanno seguito fino a farne un sentiero verso una radura illuminata dal sole, in prossimità di una strada che conduce a casa. Allora la speranza è ottimismo, è felicità e cesserebbe di essere tale solo se fosse accompagnata dall’impazienza. Passo dopo passo senza fermarsi mai, consapevoli che il restare inermi attende il buio e la determinazione conduce alla luce. Così dev’essere anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro, chiudiamo gli occhi perché l’azzurro invada la nostra mente. Caro mi è Don Chisciotte quando dice: La ragionevolezza può essere una follia e la cosa più folle di tutte è quella di vedere la vita così com’è e non come dovrebbe essere. Le parole sono capaci di grandi prodigi, cerchiamo quelle che sanno dare speranza ed evitiamo i profeti di sventura, non serviranno alla storia, non serviranno a noi e neppure a loro stessi. Non cerchiamo la verità nella foresta delle contraddizioni, nella credibilità di una fonte che prima di essere tale difficilmente saprà distinguersi dall’inquinamento della comunicazione. Quando questa sarà capace della responsabilità delle proprie azioni sarà migliore e anche chi l’ascolta. Cerchiamo la speranza nel nostro cuore e che sia la nostra azione, la spada del nostro Primo Cavaliere. Per concludere, William Hodding Carter, vincitore del Premio Pulitzer: Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.