CULTURA

IL FOCOLARE DI ESTIA

Maria Luisa Alberico

Estia, la Vesta dei Romani, è la custode del fuoco.

Nella raccolta curata da Mara Antonaccio “Uguali? No grazie!” molte e tutte interessanti le riflessioni dei vari autori sul femminismo, galassia ampia e costellata da innegabili conquiste, grazie all’impegno e alle rivendicazioni femminili, accanto a perduranti pregiudizi millenari occultati da apparenti mutamenti di costume e di opinioni. Particolarmente opportuna, da parte della curatrice, la storicizzazione del femminismo: le sue fasi, le sue differenze e i suoi specifici caratteri nazionali: il femminismo tradizionale con le sue battaglie per la parità e l’uguaglianza delle opportunità, il post femminismo con la sua carica rivendicativa talvolta rabbiosa e revanchista  che ci induce a  orientare lo sguardo verso un più fertile concetto di differenza femminile, interpretabile come libertà di esprimere sé stesse, la propria originalità, individuando nel rapporto uomo -donna la differenza che si relaziona: una diversità che accresce visione e potenzialità di entrambi. Un femminismo così concepito rappresenta infatti una modalità di liberazione dell’uomo stesso dal peso velenoso dei modelli imposti dal patriarcato e subiti da entrambi i sessi, contribuendo a concentrarci sulla duplicità archetipica dei generi e sulle specifiche componenti attitudinali ed emozionali, verso modalità di convivenza meno conflittuali e più feconde. Un ambito specifico da cui osservare le trasformazioni e i possibili approdi della tendenza è stato suggerito dalla conferenza Il femminismo in cucina in occasione della presentazione del volume presso il Centro Pannunzio di Torino. La cucina può essere femminista? O meglio può essere il luogo della proposta di nuove coordinate per ridefinire insieme ruolo, creatività, potere ed emancipazione? Ritengo che proprio partendo da questo ambito, dove oggi si gioca una partita non certo di retroguardia ai fini dell’affermazione di nuove opportunità professionali per la donna, sia più facile interpretare quella relazione di differenza/incontro con l’uomo cui abbiamo fatto cenno. Uno sguardo al passato fa emergere le motivazioni relative alle rivendicazioni femministe a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, laddove la riuscita e la rinascita di un’identità femminile emancipata passa attraverso la contestazione del modo di concepire il ruolo della donna all’interno delle pareti domestiche e le mansioni storicamente consolidate e tipiche della società borghese. In particolare viene rifiutato il modo di concepire la cucina “dominio” della donna, cui è sotteso il concetto di “segregazione”, ambito per così tanto tempo considerato “di genere” da essere introiettato dalle stesse donne come destino o come ruolo accettabile dal sociale per la valorizzazione della propria identità. Il valore della donna era la capacità di prendersi cura della casa e delle mansioni “donnesche” e tra di esse e su tutte lo stare in cucina e il cucinare. E’ indubbia oggi una nuova consapevolezza della potenza dello “stare in cucina”: cucinare è ricordare ogni giorno di avere il controllo su ciò che sta alimentando il corpo, è capire che la scelta di determinati alimenti per il proprio nutrimento implica una dimensione che non si riduce allo spazio ristretto e soggettivo della cucina casalinga,

ma ha ricadute nel panorama del consumo globale e sulla filiera dei consumi in generale e questo è un atto insieme etico e politico, di scelta e di azione, un atto sociale. La cucina non è dunque affatto operatività marginale e antifemminista, ma il portato di sostenibilità e di sensibilizzazione che coinvolge l’intera umanità, che necessita del lavoro e dell’impegno di tutti e dove sono indispensabili le competenze di ciascuno. Cucina quindi come relazione e scambio, comunicazione e condivisione, passione e arte, praticabile piacere del corpo e ambito depositario della memoria gustativa del nostro paese e delle culture alimentari di ogni parte del globo. Questa suggestione è proposta dal libro “Fuochi. La cucina di Estia”, 2015, scritto da sei affermate professioniste che si sono riferite alla simbologia di questa antica, quasi ignota divinità greca, in grado di rammentarci la dimensione del cibo come nutrimento di corpo e anima, il fuoco come simbolo di ristoro e comunitaria coesione, familiare e collettiva, sacrale e domestica. Estia è la dea greca del focolare, del nutrimento, dell’accoglienza, solitaria e mai rappresentata da artisti, la cui presenza si avvertiva a livello spirituale nella fiamma posta al centro delle case, nel tempio, dove ardeva perenne il fuoco sacro, nel braciere al centro delle città a testimoniare l’unione della collettività. In che misura oggi questa dea appartata e insieme così potente può farci riscoprire nuove opportunità di relazione e spunti per l’elaborazione di un nuovo codice di rapporti? Estia, la Vesta dei Romani, è la custode del fuoco, quel fuoco che nella storia dell’umanità ha rappresentato, attraverso la cottura del cibo, un elemento fondante dell’ordine culturale, il mediatore del passaggio di una società dallo stadio naturale a quello delle regole sociali. La dea si prende cura di quel fuoco che aggrega, consolida i rapporti umani agevolando la socializzazione e la comunicazione, quindi lo sviluppo del linguaggio e dei rapporti affettivi, così come oggi, uomini e donne, insieme, si prendono cura della terra, dell’ambiente, della salute. Estia è colei che custodisce una cucina di memoria perché le donne che hanno da sempre nutrito il mondo possano godere di una dimensione che non è più prigione ma scelta, da valorizzare come modus operandi per entrambi i sessi, in cui applicare manualità e pensiero, creatività e abilità, controllo delle emozioni e pazienza e su tutto “misura”, quella misura che è l’equilibrio indispensabile tra gli ingredienti di un piatto, così come nei rapporti tra gli esseri umani. Estia dunque come archetipo della differenza femminile, calmo e potere che sa relazionarsi all’uomo, che sa accogliere gli altri, donando calore e ristoro, ma essendo consapevolmente sé stessa. Innovativa e proficua ipotesi per un cammino solidale tra i sessi.