EDITORIALE
EUROVISION, IL SUCCESSO ED IL MALE NECESSARIO
Guido Barosio
La vittoria, annunciatissima dell’Ucraina, è stato un male necessario che purtroppo non poteva essere evitato.
Forse sì. Ma il ruolo di presentatrice non è esattamente il suo, e si è visto. Mi piacerebbe anche molto che Laura fosse ‘liberata’ dai sarti e dai parrucchieri che si sono accaniti su di lei, imponendole mise da matrimonio nazionalpopolare. Per Mika solo applausi, bravo in tutto, elegante, simpatico, interprete internazionale a tutto tondo, ha dominato la scena, ancora più del previsto. E veniamo a Torino, la capitale di Eurovision 2022. Diciamolo subito: la città ha fatto un figurone, ha saputo accogliere, ha creduto nell’evento, ha sempre affollato l’Eurovillage, dove sono passate 250mila persone, ha convinto i media italiani e stranieri, ha ottenuto visualizzazione sui social vicine al milione. Questo è il tesoro su cui investire. Come? Innanzitutto restituendo il centro aulico ai grandi eventi, e facendolo senza paura. Basta coi complessi legati alla tragedia di piazza San Carlo. Ricordiamoci invece la Medal Plaza olimpica, forse il luogo più bello d’Europa nell’ultimo ventennio. Poi magari evitiamo di impacchettare i palazzi gioiello proprio nella settimana dell’evento, quando milioni di foto fanno il giro del mondo. Erano interventi urgenti? Non ho dubbi, ma quei palazzi hanno aspettato 500 anni e si poteva attendere ancora una settimana… Anche perché sapevano delle date dal giugno scorso. Ma la cosa più importante su cui lavorare è l’idea, anzi le idee, che devono essere forti, nuove, strategicamente concepite. Torino ha saputo inventare il Salone dell’Auto, quello del Gusto, quello del Libro, ha creato le più belle Olimpiadi invernali di sempre. Ma è troppo tempo che non si concepisce qualcosa di nuovo e di grande. Io mi permetto di lanciare un’idea, visto che abbiamo, giustamente, l’ambizione di essere la città della musica. Mettiamo in cantiere un grande ‘Salone del Suono’, che per una settimana porti a Torino il meglio del rock, del jazz, della classica, dell’etnosoud. Gruppi, orchestre ed esibizioni, ma anche tecnologie, incontri professionali, tanta trasversalità. Le location le abbiamo, le risorse vanno trovate. Torino ebbe un bel Salone della Musica al Lingotto, ma lo fece morire dopo due edizioni. Colpa grave, riproviamo. E poi candidiamoci sempre, candidiamoci a tutto, perché Eurovision e ATP Final (per fare solo due esempi) portano già il contenuto, a noi non resta che mettere in scena (bene) il contenitore. Il turismo non è un orpello, il turismo è una scienza che unisce l’economia al sogno. Ma il turismo si studia, si impara, il turismo ha bisogno di una crescita culturale collettiva che dobbiamo imparare a fare nostra, perché non c’è ancora. Ultima nota: e se Eurovision 2023 fosse di nuovo a Torino? Una provocazione? Forse no. Mi sembra impensabile che tra un anno il Contest possa essere celebrato in Ucraina, lo sconsigliano politica, tempistica, sicurezza e la logistica. Allora presto si penserà ad una nuova sede. E perché non a Torino? Abbiamo fatto benissimo e abbiamo già tutto pronto, a partire dalla venue, che è la migliore d’Europa. Ripetere l’Eurovision a Torino sarebbe una garanzia per tutti, e forse anche la soluzione più semplice. Ma la prima parola spetta alle amministrazioni. Vedremo, per ottenere grandi risultati servono innanzitutto tre doti: ambizione, concretezza e coraggio. La seconda certamente ce l’abbiamo, le altre due vanno cercate. Presto.