ARTE

BOTTAI E LA POLITICA DELLE ARTI, LA VOCE CRITICA DEL VENTENNIO

Donatella D’Angelo

È con Bottai successivamente che fu emanata una legge organica, anzi ne furono emanate due.

Mi è stato chiesto di esprimermi su Giuseppe Bottai e la sua influenza nei Beni Culturali, come da me citato più volte in conferenze, ed anche adesso non mi sottraggo. Al di là del Bottai  politico, che non è mia competenza commentare, c’è un aspetto del Bottai, uomo di cultura, che mi interessa evidenziare. NdR. Fondamentale è il libro ‘La politica delle Arti 1918 1943’. Chi esercita  la mia  professione da anni, soprattutto se si occupa di restauro e rifunzionalizzazione  di edifici storici, sa quanto sia stata fondamentale la L. 1089/39, chiamata anche ‘Legge Bottai’. Prima ancora di un Ministero ad hoc, il Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali (ora Ministero Cultura), creato da Spadolini nel 1974, il patrimonio architettonico era sotto l’egida del Ministero della Pubblica Istruzione, con varie Direzioni tra cui Antichità, Accademie e Biblioteche e Ministri come Cesare De Vecchi Di Val Cismon prima, e  Bottai dopo. Alle loro dipendenze dirette c’erano il Consiglio superiore delle Antichità e Belle Arti e  le Soprintendenze, più o meno con gli stessi compiti di oggi. Ad esempio sotto il dicastero di De Vecchi fu dato impulso alle opere di consolidamento dell’Abbazia della Sacra di San Michele, i famosi contrafforti, per opera dell’architetto Mesturino Soprintendente.  È con Bottai successivamente che fu emanata una legge organica, anzi ne furono emanate due: la prima, la 1089/39, per tutela del patrimonio artistico della Nazione, la seconda, la 1497/39, per la difesa del paesaggio, senza dimenticare la 839/42, detta del 2%, per l’inserimento di opere d’arte in edifici pubblici.

Questa Legge, ancora attiva ma poco attuata, derivò da un lungo dibattito sulle pagine della rivista Primato (diretto e fondata dallo stesso Bottai), per promuovere artisti emergenti. La 1089 /39 è una legge perfetta, moderna, che contempla il rispetto dei Beni culturali nella loro variegata espressione, edifici pregevoli, quadri, sculture, libri. Per quanto riguarda gli edifici, cioè il patrimonio architettonico, viene richiamato il concetto ‘dell’intorno’. Per gli addetti si lavori, questa prima legge è fondamentale ed ancora sostanzialmente valida, essendo stata recepita dal D. Lgs 42/04, pur nella sua farraginosita. L’aiuto, dato da questa normativa, è per gli architetti determinato da, ovvi ma non scontati per i committenti, limiti nelle alterazioni dei valori insiti e di riconoscibilità storico/artistica in tutte le parti  del manufatto edilizio. Integrativa e parallela dello stesso anno, la 1497, che tutela il paesaggio precisando, ad esempio, l’inserimento dei nuovi  interventi con il rispetto del contesto. Quando si tratta viceversa di manufatti esistenti, ville storiche, edifici di valore documentario, si prescrive la protezione degli scorci visuali. Il concetto è che se un cartello, stradale o pubblicitario, mi impedisce la visuale a 360° deve essere rimosso. Quello che oggi viene definita come ‘transizione ecologica’ non è una novità, ma era già attuata per le leggi citate. Gli edifici pubblici, sia di nuova costruzione  che esistenti, dovevano passare al vaglio di diversi Ministeri per evitare danni ambientali. Ahimè questi giusti principi che sono buoni auspici, ed erano molto avanzati nello scenario europeo, quasi sempre non vengono mai rispettati, così fosse stato, l’Italia sarebbe ancora integra  nella sua inestimabile ed unica Bellezza.