EMOZIONI

IL CORAGGIO E IL DRAGO

Walter Comello

Il coraggio vince la paura quando non si teme la morte, perché il fine vale più della propria vita, ma spesso è proprio per lei che si ha coraggio.

Tutto intorno è buio, la fiaccola illumina il pugno sinistro che la regge, l’avambraccio destro è teso, le vene sono gonfie di sangue richiamato in superficie dai muscoli ed il secondo pugno a cui è affidato il compito stringe l’elsa come a fonderla nel palmo della mano. Le dita sono come incollate all’impugnatura, l’adduzione del pollice fa di loro una sol cosa. L’odore di umidità delle pietre della grotta entra nel naso, si incolla alle papille olfattive, scende nei polmoni. Il cuore batte colpi ritmici ed intensi come a voler accelerare il passo. Gli occhi sono piccoli per scorgere nel buio ciò che la fiamma ancora non vede e per proteggere le pupille dall’improvviso. La bocca è asciutta, la saliva attende il momento della battaglia finale per lubrificare l’ira nell’infuriare dello scontro. La punta della spada taglia il buio e la paura, lampeggia riflettendo la luce della fiaccola ed illumina la via del coraggio. Il coraggio non si sceglie, il coraggio non appartiene ai nostri geni, il coraggio nasce dalla necessità impellente, per non morire, per un fine inevitabilmente importante e diventa eroismo. Il coraggio è di pochi, mai di un uomo qualunque, grande o piccolo. Ma se grande lo sarà davvero, sarà solo per aver avuto coraggio e se piccolo, sarà diventato improvvisamente uomo, perché anche i bambini possono essere eroi. Il coraggio è la caratteristica degli eroi, questi non scelgono di esserlo, ma lo diventano proprio per il loro coraggio e poi vivranno per sempre a metà della montagna, tra la Terra e l’Olimpo. Sulla Terra vivono e muoiono i pavidi, in cima alla montagna gli dei, a mezza via gli uomini che per il loro coraggio sono diventati eroi. La paura è umana, è naturale, il coraggio nasce da lei, diventa sentimento di pochi, eleva l’uomo ad eroe. C’è una grande bilancia nell’universo, un piatto di rame regge la paura e uno d’argento il desiderio, ogni azione dipende dal desiderio e questo deve essere superiore alla paura. Quando prevale la paura c’è la non azione, a volte serve il coraggio per sconfiggerla e far prevalere il desiderio. “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio”, come scriveva Rita Levi Montalcini. Coltivare è una bella parola, responsabilizza sul risultato della propria vita e indica la possibilità di poter fare della propria terra frutto. Il contadino non subisce gli e-venti del tempo, si cura della sua terra, estirpa le piante infestanti e semina i fiori che più ama e i frutti di cui vuole nutrirsi. Se la paura semina paura il coraggio si coltiva con piccoli atti di coraggio.

Il coraggio vince la paura quando si sa accettare la sconfitta, ma facendo ogni cosa necessaria per evitarla. Il coraggio vince la paura quando il dolore svanisce dopo un attimo nell’infuriare della battaglia. Il coraggio vince la paura quando la ferita non brucia ed il proprio sangue che sgorga eccita più di ogni altra cosa. Il coraggio vince la paura quando non si teme la morte, perché il fine vale più della propria vita, ma spesso è proprio per lei che si ha coraggio.  Il buio della grotta è lacerato dai ruggiti del drago, l’aria si fa più calda per il vapore che fuoriesce dalle sue fauci, un odore acre e poi gli occhi di fuoco squarciano il buio. Non c’è più tempo, il coraggio nasce dal cuore che indomabile si lancia nella battaglia prima della spada, come predestinato a quel momento, ma indifferente al suo destino. Il coraggio si sostituisce al sangue nelle vene o diventa il sangue. Pulsa nei polsi, gonfia le giugulari, scorre veloce e gode nell’uscire dalle ferite per prendere direttamente parte alla battaglia. Il braccio sinistro impugna la fiamma puntata agli occhi del drago e fa scudo alle sue fauci mentre la spada combatte con i suoi artigli e cerca il suo cuore. E’ una battaglia tra due cuori, dai sentimenti diversi, uno dei due morirà e poi il corpo e questo determinerà la storia. La mente è ferma e lucida, il passato non c’è più, il futuro non esiste, solo il presente conta. La mente guarda negli occhi il drago ed è indifferente, diventa voce che parla al cuore e gli dice di essere forte che nessuno lo sconfigga, nobile che nessuno lo umili e se’ stesso che nessuno lo dimentichi. Così la paura è sconfitta e con lei la morte. Il braccio infila la fiamma nella gola del drago incurante di suoi denti che lacerano la carne, mentre contemporaneamente la punta della spada penetra con forza il suo cuore. Il sangue caldo avvolge l’elsa e la mano che la impugna, incontra sull’avambraccio quello del l’eroe per l’ultima battaglia. Ha vinto un cuore, quello che ha avuto più coraggio. Da quel momento nulla sarà più la stessa cosa, quell’uomo che ha ucciso il suo drago non sarà più lo stesso uomo, sarà un uomo migliore.  “Io non voglio cancellare il mio passato, perché nel bene o nel male mi ha reso quello che sono oggi. Anzi ringrazio chi mi ha fatto scoprire l’amore e il dolore, chi mi ha amato e usato, chi mi ha detto ti voglio bene credendoci e chi invece l’ha fatto solo per i suoi sporchi comodi. Io ringrazio me stesso per aver trovato sempre il coraggio di rialzarmi e andare avanti, sempre.” Oscar Wilde.