SOCIETA’

PARITA’, UN FALSO CULTURALE

Guido Barosio

La ‘bontà’ di un sistema non esiste, ma invece ha un senso l’efficacia, la funzionalità.

Si sta facendo strada una convinzione che identifica le donne come un popolo sottomesso, solo in parte liberato da una modernità che continua, magari in modo occulto, a discriminare le femmine, definirle esclusivamente o quasi secondo canoni estetici, per poi ucciderle quando non ubbidiscono o si sottraggono ai propri doveri. Sostanzialmente qualcosa di simile agli schiavi delle piantagioni o agli ebrei durante la cattività in Egitto. Non una parola sulla imprescindibile differenza scientifica tra i sessi o sulla genesi storica degli eventi. Ma iniziamo dal secondo degli aspetti. Da storico sono abituato a considerare il passare del tempo utilizzando numeri e misure. Dunque, una delle prime civiltà accertate fu quella egizia, che vide la luce 6000 anni orsono, nel 4000 a.C. Se attribuiamo ad ogni anno un chilometro scopriamo che l’umanità organizzata è ‘lunga’ 6.000 chilometri. Bene, la fine della schiavitù (che possiamo collocare intorno al 1870), occupa solo 150 chilometri. Vuol dire che l’uomo ha considerato i propri simili schiavi per i restanti 5850 chilometri. Se parliamo, genericamente, di diritti delle donne (lavoro retribuito, possibilità di studiare e di votare) i chilometri si riducono a 100: 100 su 6000, un battito di ciglia. Perciò la nostra società ha percorso con passi giganteschi, e velocissimi, la strada dell’emancipazione, facendo ottenere alla donna diritti ed opportunità sino a pochi chilometri prima impensabili. Altrettanto impensabile però considerare i 5900 chilometri precedenti come un’unica ed omogenea vicenda di violenza e di sfruttamento. Semplicemente l’organizzazione umana era differente, con regole funzionali all’epoca da prendere in considerazione. Ogni storico sa che elementi cardine di civiltà precedenti alla nostra – la guerra, la schiavitù, la tortura, i sacrifici umani – non possono semplicemente essere considerati come ‘barbarie’, ma vanno contestualizzati, compresi e inevitabilmente accettati. Altrimenti si rischia di mettere in discussione il bello come il brutto, Beethoven come il latifondismo. La ‘bontà’ di un sistema non esiste, ma invece ha un senso l’efficacia, la funzionalità. Con un significativo elemento a latere: più una civiltà è duratura, più si espande e si rafforza, più si esprime attraverso la cultura e meglio risponde alle regole della storia. Solo così possiamo provare a comprendere la bellezza delle piramidi e il ruolo degli schiavi. Per 5900 chilometri su 6000 la donna è stata essenzialmente madre (ruolo ritenuto basilare per l’animale uomo), e in quanto madre da proteggere e tutelare per la sopravvivenza della specie, ma anche educatrice dei figli (fino a una certa età), cuoca, organizzatrice della casa, tutte mansioni chiave a Babilonia, nelle isole polinesiane, come nella Londra elisabettiana. Poi, negli ultimi 100 chilometri, è stata la scienza, prima ancora della società, a cambiare le regole del gioco. La scienza e la tecnologia hanno reso meno percepibile la differenza fisica tra i due sessi. Si è abbassata la soglia della fatica e del dolore, le mansioni sono diventate – poco per volta – trasversali. Così la donna ha potuto fare anche i lavori degli uomini, ultimo tabù a cadere, circa 60 chilometri fa, quello della guerra. Dopo la scienza e la tecnologia è stata la volta della cultura, dell’accesso allo studio, della donna medico, scienziato, avvocato… Un riallineamento che la politica e la Chiesa (più tardi e non dappertutto) hanno benedetto. Però, sorpresa, la donna ha continuato a partorire. E ha continuato a partorire solo lei. E a questo punto i valori si sono disallineati: le donne hanno cominciato a fare sempre di più i ‘lavori degli uomini’ ma senza smettere di fare i propri.

Il maschio ha accettato la rivoluzione però, sostanzialmente, non ha cambiato le proprie mansioni. L’economia ha approfittato della situazione e c’è un dato su tutti che lo dimostra: in Italia, negli anni cinquanta, il solo reddito di un uomo bastava per mantenere una famiglia di quattro persone; all’inizio del terzo millennio una famiglia di tre persone non riesce a mantenersi se non si lavora in due. Chi ci ha guadagnato? Chi ci ha perso? La scienza non viene più di giovamento. Il politically correct ha semplicemente sommerso ciò che si è deciso di non vedere, magari cambiando il nome alle cose. Le razze (che sono bellamente esistite per 5950 chilometri) non ci sono più, o meglio sono diventate etnie, il negro resta dello stesso colore ma ha cambiato nome, se un uomo definisce ‘bella’ una donna è un sessista mannaro, se la definisce ‘brutta’ neanche a parlarne. Ma se una donna giudica esteticamente un uomo va benissimo, viene da 5900 chilometri di pregiudizi! Weinstein, Tyson e Woody Allen sono molestatori seriali, ma le ‘veline’ (si può ancora dire?), o le manager, che hanno usato le proprie grazie (eufemismo) per fare carriera meritano a malapena un rimbrotto. Sulle differenze tra i sessi ormai la scienza tace e, a malapena, l’anatomia deve registrare, a malincuore, le incancellabili differenze. Tanto ormai i sessi sono sette: i due canonici, più i cinque garantiti dall’acronimo impronunciabile LGBTQ. Osservando i 6000 chilometri che ci hanno preceduti azzardo una morale (parola terribile, chiedo venia) e suggerisco alla donna del terzo millennio di liberarsi da chi sta ostinatamente cercando di liberarla. Lo suggerisco perché la vedo esausta, perché penso che sia insostenibile il mansionario che prevede: la madre, la professionista, la politica, la scienziata, la casalinga, l’astronauta, il militare che prima scarica il fucile e dopo pulisce i fornelli. Sempre in prima linea, sempre a voler dimostrare qualcosa, sempre a fare tutto per se e per gli altri, che osservano, qualche volta comodamente, il dipanarsi della vicenda. Provo anche una certa tristezza per queste superdonne inguainate in tailleur stretti stretti a cui nessun apre più la porta con un sorriso e magari un mazzo di fiori. Oddio che cancellabile ciarpame tardo borghese. L’ultima testa a rotolare dal cippo è quella della seduzione. Se un uomo ha in mente qualcosa del genere ormai viene fornito di un’app: cosa fare, cosa non fare, cosa dire, cosa non dire, cosa guardare e cosa non. Meglio stare a casa: almeno su Netflix sono ancora liberi di stropicciarsi a dovere. Occorre fare qualche passo indietro, o di lato, vedete voi, e riprendere coscienza di un dato scolpito nella pietra: gli uomini e le donne sono anatomicamente e spiritualmente diversi, non devono fare necessariamente le stesse cose e scegliere non è peccato. Peccato casomai è fare di una donna un uomo sbagliato e di un uomo una donna frustrata. Gli ultimi 100 chilometri ci hanno spiegato (permettendocelo) che non si sono traguardi proibiti, che possiamo trovare nuovi equilibri (appunto equilibri) e infinite opportunità. Ma gli ultimi 40 chilometri ci hanno anche mostrato che cosa non dobbiamo fare. Non hanno ridistribuito le carte, le hanno mescolate confondendole. L’orgoglio dei sessi è l’orgoglio di riconoscersi nel proprio. La parità non esiste. Solo nella differenza si individua  la linea dell’orizzonte, 6000 chilometri dopo.