STORIA

ELISABETTA II DEL REGNO UNITO

Patrizia Foresto

La fedeltà è stata il segno distintivo della sua vita pubblica e privata.

In ogni edicola del Regno Unito, la mattina del 9 settembre 2022, i giornali sono andati a ruba: quel giorno una ed una sola notizia era ovunque, la morte della sovrana Elisabetta II. The Sun commuove nel suo titolo: ”Ti abbiamo amata, Signora“ mentre campeggia sulla prima pagina di molti tabloid inglesi la famosissima fotografia dell’incoronazione della giovane regina, appena venticinquenne,  dove fissa davanti a sé l’obiettivo dietro cui vi è quel mondo che lei, sempre attenta, presente ed informata ha visto ruotare attorno a sé in un vorticoso turbinio di incessanti eventi. Una frase pronunciata dalla stessa sovrana in occasione di quell’indimenticabile 11 settembre a New York: “Il dolore è il prezzo da pagare per l’amore” è stata scelta dal Daily Telegraph per annunciare al mondo il decesso della loro amata regina avvenuto poche ore prima, l’8 settembre, nel castello di Balmoral in Scozia. Un evento che tutti erano ben consci dovesse accadere ma che ha trovato i sudditi della sovrana assolutamente sgomenti e forse anche impreparati mentre tutto il Paese si è fermato sotto gli occhi dell’intero pianeta. Lei è stata la giovane Lilibet nata nel 1926, figlia di re Giorgio VI e della regina Elisabetta, diventata alla morte del padre “the Queen” in carica dal 1952 ed incoronata l’anno successivo.  E’stata la sovrana per eccellenza, Elisabetta II del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e dei reami del Commonwealth, Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra, al secolo Elisabeth Alexandra Mary Windsor. Sino al termine della sua lunga ed intensa vita, novantasei anni di cui settanta di regno, la fedeltà è stata il segno distintivo della sua vita pubblica e privata, accompagnata da un forte senso della responsabilità verso il suo speciale destino accolto e mai subito in una personale e totale donazione.  Un’esistenza intensa la sua, unica, senza copioni cui appoggiarsi, tutta da vivere, come ebbe a dire in uno dei suoi celebri e tanto attesi discorsi alla nazione: “Ogni giorno è un nuovo inizio, so che l’unico modo di vivere la mia vita è cercare di fare ciò che è giusto, dare il meglio di me in tutto ciò che la giornata porta e mettere la mia fiducia in Dio.” Amava parlare della sua fede, amava rinnovare pubblicamente la promessa di fedeltà, di impegno e di servizio incondizionato alla nazione dopo che nel lontano 1953, nel giorno della sua incoronazione, ne fece la colonna portante di tutta la sua vita. È stata la storia, la narrazione, il riferimento, la protagonista di un’epoca che oggi ben può essere definita “la nuova età elisabettiana”. Ha accompagnato la vita dei suoi sudditi, del suo Paese, della sua gente traghettandoli giorno dopo giorno attraverso settant’anni di eventi, di mutamenti, dal periodo del dopoguerra attraverso nuove prospettive, in momenti di contestazioni, di forti cambiamenti economici, sociali, di costume, di ideali. Desiderosa di meritare la fiducia del suo popolo, fedele alle sue promesse, è stata la tradizione che lei e soltanto lei ha saputo rivestire di modernità ed adattarla ai tempi attuali perché la monarchia fosse ancora credibile e perché il suo regno non perdesse di stabilità. Che sia riuscita in questo suo non certo facile intento è stato dimostrato il giorno delle sue esequie quando tutto il Regno Unito si è fermato attorno alla sua regina e con lui il mondo intero. Fu il suo amatissimo padre, re Giorgio VI, che le insegnò il rigore quotidiano nell’apprendere l’arte di regnare e la diplomazia che sono state un suo abito che non ha dismesso mai. Fu la madre, regina Elisabetta, ad introdurla alla conoscenza dei testi classici, alla letteratura, all’arte oltre ad averle dato e trasmesso l’esempio di un grande equilibrio soprattutto nei momenti più difficili e critici. Non andò mai a scuola come tutti gli altri bambini, ma fu educata dai migliori precettori del regno. Non ha mai potuto andare con le amiche in tutta libertà a curiosare nelle boutiques, a scegliersi un rossetto in una profumeria londinese o a bersi una birra al pub, non giocò mai da bambina per strada con gli altri suoi coetanei ma, pur nella peculiarità della sua condizione sociale, non fu mai priva di intensi affetti, di sani divertimenti, di risate e di molte ore all’aperto, a cavallo, il suo sport preferito, tanto da parlare della sua infanzia e della sua adolescenza come di un periodo bellissimo cui guardare con gioia. E’ la donna dei primati essendo stata la sovrana più anziana del mondo ed il suo regno il più lungo della storia inglese e non solo, seconda soltanto al Re Sole che fu incoronato all’età di otto anni.  Da record anche la lunghezza del suo matrimonio con l’amato Principe Filippo d’Edimburgo durato ben settantadue anni e conclusosi con la morte del consorte avvenuta un anno prima di quella della regina la cui data esatta si dice sia stata predetta, ben quattrocentocinquanta anni fa, dal veggente Nostradamus in una delle sue cinquine. Verrebbe quindi da immaginare che la regina fosse al corrente di quella profezia. Ma chi è stata Elisabetta II nella sfera privata: una figlia felice, una sorella attenta, una sposa innamorata e fedele, una madre di riferimento costante per i suoi quattro figli, una nonna ed una bisnonna dolce e simpatica. Dalla vita ebbe la fortuna e la grazia di fare esperienza dei più importanti sentimenti che è dato di sperimentare ad ogni donna, prezioso bagaglio di ognuna ad ogni livello sociale e che le irrefrenabili lacrime della piccola principessa Charlotte del Galles, nell’estrema compostezza che il protocollo già esige anche alla sua tenera età, al passare del feretro della bisnonna “ Gan Gan “, come affettuosamente era soprannominata da lei e dai fratellini, sono state le testimoni dell’intenso legame con i suoi nipoti.

Momenti delicati ed intimi che hanno sottolineato come anche una sovrana, come Elisabetta II abbia sempre alimentato i suoi affetti più importanti e di quanto riuscisse ad entrare in sintonia con chiunque la avvicinasse. Indimenticabile il suo sorriso ed il suo “sense of humour” che la vena materna scozzese le aveva trasmesso, sempre in quel perfetto senso della misura che il suo ruolo esigeva. Come non ricordare, in occasione delle celebrazioni dei suoi settant’anni di regno, il thè con l’orsetto Paddington e le sue esilaranti gaffes di fronte ad una sovrana impassibile e divertita. Proprio in occasione del Giubileo di Sua Maestà venne creata una nuova borsetta dal brand londinese Launer, la firma di tutte le sue famose e numerosissime handbag, da cui estrasse il panino alla marmellata in risposta a quello che il suo piccolo e simpatico ospite le aveva offerto facendolo uscire come un prestigiatore dal suo famoso cappello. Soltanto a riflettori spenti, quando il clamore mediatico di un evento senza precedenti con oltre quattro miliardi di telespettatori collegati in mondovisione ed oltre due milioni di presenze a Londra ha lasciato il posto a quell’inevitabile sensazione di smarrimento che accompagna la perdita di qualcuno che da tanto tempo si è abituati a vedere, a seguire, a partecipare, ad amare; quando il silenzio del giorno dopo ha preso il posto degli applausi al passare del feretro, dello scalpitio dei cavalli, dei novantasei rintocchi attutiti del grande Big Ben, tanti quanti sono stati i suoi anni, quando gli abiti da cerimonia e quelli da parata di quanti hanno partecipato alle lunghe esequie hanno ritrovato il loro posto in naftalina, solo allora si è potuto comprendere cosa sia stata la figura della sovrana più longeva della storia inglese. Si è iniziato a capire realmente chi sia stata per la sua grande famiglia, nel suo regno, nel mondo, tra i suoi sudditi che, secondo una stima, sono stati ben centocinquanta milioni ad ogni latitudine. E’ stata lei ad aver orchestrato la sua uscita di scena, da lei stessa pensata e studiata a tavolino nei minimi dettagli e voluta con dovizia di particolari in anni di esercitazioni per realizzare la perfetta regia di un’immensa, unica e irripetibile opera teatrale con la magnificenza dei costumi e delle scenografie che lo hanno reso, pur nella lentezza del procedere, un funerale non triste ma solenne. I mezzi mediatici del terzo millennio lo renderanno ai posteri nella sua complessità, nei colori e nei suoni, nella spiccata simbologia, in un’atmosfera quasi sospesa, in quei momenti di silenzio pressoché irreale ma anche nello scroscio di applausi al transito del feretro, nel lancio di fiori al suo passaggio, nelle espressioni dei volti, nelle parole pronunciate, in quelle tredici ore di intensa partecipazione collettiva, emotiva e fisica per le vie e nei parchi di Londra come in ogni angolo del mondo. Ed inoltre nei tanti ospiti illustri, capi di Stato e potenti della Terra, teste coronate giunte da tutto il pianeta, nei discorsi dei rappresentanti di tutte le religioni, nella commozione dei suoi famigliari, nei suoi sudditi che hanno invaso Londra con il loro sincero dolore e la loro partecipazione quasi filiale oltreché dignitosamente riverente. L’ultimo atto si è svolto al castello di Windsor dove il mondo intero ha assistito al momento culminante di tutto l’apparato funebre elisabettiano: la spogliazione del feretro della sovrana dai simboli del potere che l’hanno accompagnata durante l’intero suo regno: la corona imperiale, lo scettro, il globo d’oro lasciandolo coperto unicamente dallo stendardo reale, per consegnarla, accanto a coloro che più ha amato, alla sua terra come ogni comune mortale nell’appuntamento finale, senza distinzioni di sorta, di fronte al giudizio supremo che non ammette repliche né deroghe. Lentamente calata nella cripta della cappella di S. Giorgio, mentre il suo cornamusiere personale ha suonato per lei per l’ultima volta, lui che la svegliava ogni mattina al suono dello strumento più amato dalla sovrana, si è concluso così il suo lungo regno. Una corona di fiori molto simbolica è stata ammirata da tutti sulla bara per l’intera giornata, dono personale pensato e voluto da re Carlo III: rose, tralci di rosmarino, salvia e mirto su un letto di muschio e quercia delle residenze della regina, con un biglietto personale scritto di suo pugno dal sovrano alla sua mamma. Da tempo ci si chiedeva che reazione avrebbe sortito nel mondo la morte di Elisabetta II ed era evidente che la spaccatura ci sarebbe stata tra chi ha vissuto il suo regno come la bella favola della sovrana inossidabile, longeva e sorridente e chi, volendo dare una spolverata al passato, non dimentica i governi della corona sulle colonie britanniche, il colonialismo, lo sfruttamento, quanto è stato fatto per impedire ogni sorta di indipendenza in quei luoghi dove i diritti umani erano allora solo parole di un lontano vocabolario, una sorta quindi di dominio imposto che oggi è stato riesumato dalle pagine della storia del 900. A questo proposito farà discutere a lungo la decisione, a pochi giorni dalle esequie della sovrana, di Sadiq Khan, sindaco di Londra di origini pakistane, di rifiutarsi di installare una statua di Elisabetta II nel quarto plinto della centralissima Trafalgar Square e di voler mantenere in loco, fino al 2024, quella dedicata al Pastore anticolonialista John Chilembwe. Mentre a re Carlo III, primogenito e successore della sovrana, viene intonato il suo primo “God save the king, Dio salvi il re “ e fiumi di inchiostro continueranno ad essere versati sulla casa reale inglese, è come sempre affidata ai posteri l’ardua sentenza.