Era piccola tanto da essere soprannominata “passerotto”, non era bella secondo i canoni tradizionali, era ribelle ed inquieta, con due grandi occhi espressivi e troppo spesso tristi, era senza fortuna né sicurezze che le dessero qualche minima certezza, qualche riferimento per vivere. Era figlia della vita, di quella vita di cui ha conosciuto tanti volti, forse troppi e che l’ha ferita, risanata, fatta sperare, ridere e piangere fino a morire.

Viviamo su una scacchiera in bianco e nero, incapaci di muoverci da soli quando attorno si crea una nebbia grigia. Senza bussola, senza sestante, aspettiamo come orfani di burattinaio che le mani delle ideologie ci muovano avanti o indietro, di qua o di là.