ATTUALITA’

CASCO, VACCINO E LIBERTA’

Paolo Vieta

Ogni cittadino compie una scelta, di rinuncia, apparentemente non ottimale, per essere parte di un benessere collettivo.

Ah che gioia, che libertà, andare in moto a cento all’ora, sentendo il vento sibilare tra i capelli! Peccato che sia vietato, da quando è stato introdotto l’obbligo di indossare il casco. Legge liberticida! Che senso ha? Riflettiamoci: se voglio mettere a repentaglio la mia vita, per godere di un’emozione, allo Stato cosa gliene cale? Ho sempre pensato che il suicidio sia un diritto liberale, in questo caso, poi, è solo un rischio… Vi sono almeno due ragioni per cui esiste questa legge. Innanzitutto lo Stato avoca a sé una funzione paternalistica, ossia cerca di impedire, anche al più sprovveduto, di farsi male da solo. In seconda battuta, un incidente richiede soccorsi, e cure nell’ipotesi che la testa si ammacchi soltanto, che sono a carico del sistema sanitario nazionale. Inoltre nel caso di incidente con altro veicolo, il conducente rischia un incriminazione per omicidio stradale. Ne consegue che il rischio che si assume chi cerca la gioia del vento tra i capelli non è un fatto puramente individuale, ma riguarda la società quindi è regolamentato per ridurre l’onere collettivo. Analoghe, e ben più significative argomentazioni, per ciò che attiene ai vaccini. Chi rifiuta il vaccino, che sia antimorbillo o anticovid, non mette solo a repentaglio la propria incolumità, ma a rischio la salute altrui e la stabilità del sistema sanitario nel suo complesso, come accaduto nei mesi passati. 128.000 morti, solo in Italia, non sono bastati per far capire la gravità della situazione? Se il covid colpisse ed uccidesse solo i no vax, il problema si risolverebbe da solo, ma purtroppo non è così: è statisticamente non credibile che tutti i vaccini proteggano al 100% da tutte le varianti.

Qualcuno, anche vaccinato, si ammalerà con tutte le conseguenze del caso. Per questo lo Stato ha ottime ragioni per disporre l’obbligatorietà del vaccino per tutta la popolazione, non solo per il personale sanitario o docente. A tutela degli sprovveduti e soprattutto degli altri, della loro salute e della loro libertà. È il caso di chiarire che la libertà è un pennello, con cui ognuno traccia il proprio dipinto, ma può farlo solo all’interno della cornice dello Stato e delle sue leggi. L’anarchia non è mai libertà ed è un grave errore pensarlo. L’anarchia è legge della giungla e predominio del più forte che sottomette e schiavizza i più deboli, per i quali non può esserci libertà. È quello stato di natura, descritto da Hobbes, da cui si esce con un contratto, in virtù del quale gli uomini rinunciano ai diritti illimitati, in cambio di uno Stato che garantisce pace e rispetto dei patti. È un’applicazione ante-litteram del Dilemma del Prigioniero di John Nash, su larga scala. Ogni cittadino compie una scelta, di rinuncia, apparentemente non ottimale, per essere parte di un benessere collettivo. Ricordo le polemiche e le resistenze, quando, nel 1988, fu introdotto l’obbligo delle cinture di sicurezza. Ci fu chi arrivò a sostenere che erano pericolose, perché potevano impedire il districarsi tra le lamiere di un’auto in fiamme! Un mio anziano conoscente, con qualche difficoltà respiratoria, tentò di farsi esonerare ufficialmente, sostenendo che la tensione della cintura sul petto lo soffocava. Queste argomentazioni come vi sembrano oggi, ridicole? Nel frattempo i morti annui in incidenti stradali sono scesi da settemila a tremila. Come vi sembreranno, fra trent’anni, le argomentazioni dei no vax?