EMOZIONI

LA PAURA, UN OLOGRAMMA NEL CIELO

Walter Comello

La paura fa parte della vita e se, per alcuni, è limitante della stessa, per altri è funzionale.

Ti accorgi di lei all’improvviso, senti lo stomaco che si apre come una voragine in cui precipita il cuore mentre aumenta l’intensità, ma rallenta il tempo dei suoi battiti. Altre volte si manifesta come una presenza crescente, un morso alla base dello stomaco che stringe i denti, crea una progressiva sensazione di dolore e contemporaneamente il ridursi del suo volume che toglie il respiro. Le unghie della paura penetrano le tempie, scorrono lungo le guance e costringono le palpebre a chiudersi per sfuggire all’insopportabile angoscia. La paura è il prodotto della nostra immaginazione che anticipa, o inventa, il pericolo e si caratterizza per la difficoltà di distinguerne l’origine. La paura allontana, attrae o seduce. Un vecchio film americano degli anni ‘50 dal titolo ‘Il pianeta proibito’ di Fred Macleod raccontava di un mondo soggiogato da un professore che aveva inventato un marchingegno capace di raccogliere informazioni sulle caratteristiche della paura degli abitanti di quel pianeta. I tanti modi di rappresentare la paura erano elaborati e convogliati in un’unica immagine proiettata come un ologramma nel cielo. Il professore per mezzo della sua scienza si faceva difensore di quel mondo e, dopo aver cacciato il mostro da lui creato come lo strumento per eliminarlo, traeva riconoscimento e potere da tutti gli abitanti del pianeta. Molti leader della storia hanno ben saputo usare il potere della paura per creare un nemico esterno capace di aggregare a sé il popolo e sconfiggere in questo modo i rivali politici. La paura fa parte della vita e se, per alcuni, è limitante della stessa, per altri è funzionale. Diventa una scelta spesso inconsapevole, ma consapevole diventa il suo vantaggio, a volte il piacere. Dalla scelta nasce la narrazione, tutti raccontiamo delle storie, ma alcuni di noi sono più bravi nella sceneggiatura e nella stesura del copione. La paura è un attivatore di attenzione quale conseguenza dell’ansia difronte ad un pericolo reale e in quanto tale entrambe non sono una patologia da curare, ma un sistema funzionale che deve rispondere ad uno stimolo specifico. È importante comprenderne la natura per riconoscere la propria. Va distinta quindi una paura esterna, che ha una sua funzione, da quella generata dalla fantasia che appare come in molte tradizioni antiche di origine divina, a cui non ci si può opporre. La paura attiva azioni funzionali alla sopravvivenza quali la fuga, l’effetto dissociativo del freezing o quello formativo della difesa. Se la prima appare la più funzionale, le altre sono la conseguenza dell’impossibilità di questa. La fuga è istintiva, ma alimenta future paure e chi fugge fuggirà ancora, forse per sempre. Nell’effetto freezing l’animale non si finge morto per sfuggire al predatore, come sostengono alcuni ricercatori, in realtà l’istinto di sopravvivenza non tollera l’angoscia di morte e la mente si dissocia dalla possibilità di questa. Così la perdita dei sensi risulta essere l’annullamento del sistema di percezione per non consentire alla mente la conseguente attività attributiva. Così accade nel sonno, l’inconscio non può accettare la propria morte e, difronte ad un sogno che sembra condurre a questa,la dissociazione è nel cambio di coscienza che si realizza attraverso il risveglio.

 L’aggressione per difesa è una risposta obbligata da circostanze che non consentono la fuga, ma anche una strategia cognitiva efficace nel superamento della stessa. Gli esseri umani poi sanno fare cose che gli altri animali non sanno fare: servirsi della paura. Se ne servono quale meccanismo di evitamento quando non sanno assumersi la responsabilità della negazione. La negazione implica il rischio di essere meno amati dal proprio interlocutore, di dover sostenere uno scomodo confronto o di incorrere in un conflitto. La paura come la malattia può essere una giustificazione, una risposta tollerata e per questo a volte mantenuta, conservata, protetta dalle soluzioni anche quando queste sono formalmente richieste. Così serve per avere attenzione, il bisogno e il dolore sono mezzi efficaci che si apprendono fin dai primi mesi di vita; il neonato impara che il pianto è strumento utile per richiamare a sé la madre. Ippocrate scriveva che prima di curare qualcuno è necessario accertarsi che questo sia disposto a rinunciare alle ragioni per cui si è ammalato e allora la guarigione è un’opportunità non un diritto, né un obbligo. Poi ci sono le esperienze che se da un lato servono ed essere tecnicamente migliori, non sanano insicurezze al di fuori di quello specifico contesto e meno che mai l’autostima. Questa scaturisce dalla percezione di sé difronte all’ignoto e la medicina si chiama coraggio. La paura gemma paura, ma anche il coraggio gemma coraggio. Da Winston Churchill a Giovanni Falcone a Oscar Wild è corale l’esortazione di una cultura universale ad accettare la paura come percorso iniziatico e necessario alla vita e ai suoi più grandi valori. E’ tempo di mettere da parte le consuete giustificazioni che il passato offre, supportati da una travisata cultura psico-dinamica. Né Freud né Jung, né Lacan hanno mai teneramente accarezzato i capelli dei loro pazienti giustificando le loro incapacità di vivere per avere avuto genitori affettivamente assenti o sessualmente abusanti. Anche il peggior trauma deve essere in un tempo reale terreno di riconquista o ancor più occasione e stimolo per diventare uomini e donne migliori. È necessario distinguere la paura che sta fuori da quella che sta dentro, quella che vive in questo tempo da quella di un altro tempo e di un altro luogo, quella che ha forma da quella che sta in un futuro che non esiste ancora. È necessario comprendere che le conseguenze della paura sono spesso decisamente superiori alle conseguenze di un eventuale danno nell’affrontarla. Il pensiero positivo non serve, rende consapevoli della propria ipocrisia e certi della propria inadeguatezza. Non si cura la paura pensando ad un modo per controllarla, si accoglie senza indietreggiare. Si scoprirà di saperla tollerare e per questo essere pronti ad un passo in avanti verso di lei. Così facendo verrà presto il giorno in cui il controllo non sarà più importante perché non se ne avrà più bisogno e in quel giorno si saprà accarezzare la paura chiamandola con il suo vero nome.