POLITICA
UN EX-VOTO PER CAMBIARE IL VOTO
Valerio Saffirio
Queste bizzarre riflessioni come premessa per riflettere con voi.
Il primo significato che la cara vecchia Treccani (anche lei digitale) dà al verbo votare è: derivazione di vovere «offrire in voto». Ma quando andiamo a votare chi o cosa offriamo in voto? Noi stessi? La nostra città? La nostra nazione? O è il candidato di turno che “si offre in voto” a noi sacrificandosi all’altare della politica? Da votare arriviamo al voto: votis, cioè offerta devota. Di nuovo: è il nostro voto a costituire l’offerta da consegnare al Deus (ex machina elettorale) o le divinità a cui offrirsi siamo noi elettori e i candidati le novelle Ifigenie sacrificabili ad ogni tornata? Sempre più confuso. Infine arriva l’ex-voto: “formula apposta a un oggetto offerto in dono alla divinità e anche, in età cristiana, a Dio, alla Vergine, a un santo, per grazia ricevuta o in adempimento di una promessa fatta”. Rivedo quei meravigliosi quadretti di ogni dimensione e stile affissi nella chiesa della Consolata a Torino raffiguranti promesse fatte dopo di avventure finite bene e male. Non so perché penso ai santini elettorali. Sono in tilt. Se ragiono bene, dal voto scaturiva la promessa (ex-voto) mentre oggi ci imbottiscono di promesse prima per poi mandarci a votare. Ma alla Consolata di post-voto non ne trovo traccia. Alla fine, viene prima il voto o l’ex-voto? Prima l’offerta e poi la promessa? Prima Fedez o la Ferragni? Vorrei fosse qui con me la mia vecchia cara professoressa di latino del liceo ma in sua assenza farò ricorso (come sempre) al mio amico compagno di classe Cesare per darmi il solito “aiutino”. Queste bizzarre riflessioni come premessa per riflettere con voi, nell’imminenza del prossimo rito delle elezioni amministrative nei principali comuni italiani, sul senso del gesto del votare, del voto e sulle sue conseguenze. “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”, ci ricorda l’art. 48 della Costituzione Italiana. Ma che uso ne facciamo di questo diritto e di questo dovere visto che, prendendo come spunto le prossime elezioni a Torino, dai 599.562 voti del 1993 siamo passati ai 397.811 voti delle ultime elezioni nel 2016? Poco meno del 30% di calo. Tanto se si considera al diritto. Scandaloso se si considera il dovere. Faccio qualche ipotesi. Se il 30% dei conducenti di automobili a Torino decidessero di guidare senza patente per il diritto di muoversi in autonomia?
In realtà molto difficile perché le sanzioni sono pesanti e pesanti le conseguenze. E poi qualcuno controlla e vedere sul giornale il relativo articolo con foto sarebbe umiliante. E se di colpo i nostri vicini di casa decidessero di procurarsi un’arma (pistola, fucile, mitra, bazooka…a piacere) fregandosene della relativa licenza e invocando un diritto naturale alla difesa come in Texas? Anche qui complicato a meno che il carcere sia preferibile alla convivenza con la moglie. Per non parlare del diritto sacro santo ai vizi cibo, alcool, droghe, farmaci, gioco d’azzardo, sesso. La vita è mia e ne faccio ciò che mi pare. Giusto, ma non troppo. Anche in questo caso fioccano leggi, controlli, sanzioni, aiuti sanitari, sostegni e reprimende familiari. Qui mi fermo invitandovi a pensare ad altri esempi analoghi dove diritti e doveri sono esercitati ma anche ben normati, controllati, nel caso severamente puniti, nel nome di una convivenza collettiva regolata e possibilmente pacifica e proficua. Voglio esercitare il diritto di guidare un mezzo a scoppio o elettrico? Devo avere la patente di guida. Mi sento più a mio agio con una pistola? Devo prendere il porto d’armi. Ho bisogno di prendere un treno o un aereo nel 2021? Devo avere il Green Pass. Pessima sceneggiatura perché avete già capito dove voglio parare. Per esercitare un diritto da cui dipendono quisquilie tra cui – salute, lavoro, sicurezza, futuro per i figli, assistenza per i più deboli, sostenibilità ambientale e sociale, casa, tasse, strade, acqua, aria, inclusione, felicità, serenità, amore, libertà – non esistono patenti o licenze, controlli o reprimende, pressioni pubbliche o private. Nulla. Neanche uno sguardo storto da parenti, mogli, fidanzate o figlie. Nulla, a parte essere vivi ed avere più di 18 anni (e tra non molto forse 16). Prendetevi 1 minuto di pausa prima di trarre delle conclusioni. Nel frattempo, io mi faccio qualche ultima domanda. E’ davvero giusto che tutti possano votare senza aver studiato la Costituzione o la storia del nostro Paese? Senza avere una minima nozione di educazione civica? E perché non dare sanzioni a chi non vota come per tutti gli altri diritti violati scansando i doveri? Che Grande Paese è il nostro. Se estendere i diritti limitando i doveri è il nuovo significato della nostra democrazia, allora inizio a preparare il mio ex-voto, prossimamente appeso in un angolo alla Consolata. Come riconoscerlo? Facile: cercate una mano appoggiata a metà dell’altro braccio. La promessa del “bras d’honneur”.