POLITICA
RICORDANDO FRANCESCO FORTE: “A ONOR DEL VERO”
Salvatore Vullo
Tutto tende a farci vivere un presente onnivoro e totalizzante.
Il primo gennaio 2022, nella sua casa a Torino, si è spento serenamente Francesco Forte. Era nato nel 1929 a Busto Arsizio. Laureato in scienza delle finanze e diritto finanziario, nel 1954 diventa supplente di Ezio Vanoni all’Università di Milano. E nel 1961 succede a Luigi Einaudi alla cattedra di scienza delle finanze a Torino, e negli anni ’80 è professore di politica economica e scienza delle finanze alla Sapienza di Roma. Iscritto al partito socialdemocratico, aderisce poi al Partito Socialista, dove sarà per diversi anni responsabile della politica economica, ed eletto parlamentare dal 1979 al 1994, ricoprendo incarichi di governo come ministro e sottosegretario, in diversi governi dal 1982 al 1987. Ha scritto circa 35 libri e ha collaborato con le più importanti riviste e quotidiani. Il figlio Stefano aveva anche comunicato che sulla sua scrivania aveva trovato questa poesia, vergata a mano qualche ora prima della morte:
La verità del gabbiano.
Io sono un gabbiano
quando morirò
presto sarò
nel cielo oppure nel mare
perché il gabbiano è vero
anche quando scompare.
Questa poesia mi ha fatto ricordare il suo libro “A onor del vero”, la sua autobiografia politica e civile che venne pubblicato dall’editore Rubbettino nel 2017. Il libro inizia con una sua poesia di 13 strofe “Alto vola il gabbiano” e nell’introduzione Forte spiega che da molti anni lo accompagna spesso un sogno che lo fa librare in volo, quindi spiega che trova naturale “rappresentarsi come un gabbiano … e forse il gabbiano che vola sarà l’ultima immagine che vedrò…”. Dunque, una poesia profetica, e mi piace ricordare Francesco Forte, parlando di questo suo libro e rievocando le cose che dissi nel mio intervento quando, nell’ottobre del 2017, lo presentammo, con l’autore, al Circolo dei Riformisti di Torino, assieme a Giusi La Ganga e a Salvatore Tropea. Il libro di Francesco Forte “A onor del vero”, lo possiamo annoverare nel filone letterario memorialistico, del diario, della autobiografia. “Un filone che è rimasto povero nella letteratura italiana. E la carenza di una letteratura memorialistica è la spia di tante altre carenze nella società civile. E quando essa manca è perché tante altre cose mancano”. Così annotava Leonardo Sciascia. Forse perché l”Inquisizione” (non solo giudiziaria) tende a distruggere la memoria o a eroderla; tutto tende a farci vivere un presente onnivoro e totalizzante. Di tanti importanti fatti storici abbiamo solo ricordi e non memoria. La memoria è la capacità di dare un posto al ricordo e farlo diventare parte della nostra storia, della nostra identità. Ma questo in molti casi questo non avviene, e dal Risorgimento, all’Unità d’Italia, al Fascismo, alla guerra e dopoguerra, sino alla distruzione della prima repubblica non c’è memoria comune e condivisa. E ne subiamo le nefaste conseguenze, perché non riusciamo a fare i conti con quella storia. Ed ecco l’importanza di questo libro di Francesco Forte che contribuisce a ricostruire quella memoria. E leggendo attentamente il suo libro lo apprezziamo sempre più, intanto perché c’è la peculiarità della sua scrittura: Forte scrive bene, come giornalista, saggista e docente universitario; nei suoi scritti c’è la chiarezza, la brevità, il bello stile narrativo che gli derivano dal suo aver esatta cognizione delle cose di cui parla, della loro profonda conoscenza. Con queste virtù Francesco Forte ha vissuto e attraversato buona parte della storia del ‘900: dagli anni del Fascismo fino ai nostri giorni (è mancato a 92 anni, lucido e attivissimo).
Fatti che descrive da protagonista, con gli occhi innocenti e curiosi del bambino ragazzo e poi con le sue esperienze in importanti ruoli politici, economici, sociali. E nel suo raccontare, ci sono molti elementi Stendhaliani, quelli che Sciascia su Stendhal nella “Certosa di Parma”, e nei particolari della battaglia di Waterloo, aveva definito “tracce di vita”, “elementi fisici, tattili”; perché Stendhal aveva partecipato a quella battaglia. E a questi elementi si aggiunge, quella “verità”, che si desume nel libro, la verità del Vangelo di Giovanni, una verità incontrovertibile, rispetto anche agli altri vangeli, perché Giovanni c’era, ha vissuto con Gesù la passione e morte. Del resto Francesco Forte, frequentando l’università di Pavia, fu allievo del prestigioso collegio Ghislieri, collegio in cui campeggiava il motto citato dal Vangelo di Giovanni “La verità vi farà liberi”. E questa “verità”, delle cose vissute, viste, sentite, la si sente in tante parti del libro di Forte: dal fascismo alla lotta partigiana; l’uccisione di Mussolini e l’oro di Dongo; l’ENI di Mattei, il primo centrosinistra, Licio Gelli, Calvi, l’Ambrosiano, il terrorismo, il caso Moro, l’avvento di Craxi e le realizzazioni del suo governo; le esperienze di Forte come ministro e sottosegretario di vari governi; e alcuni passaggi con la descrizione di uomini e cose che arrivano fino agli anni attuali. Ma ci sono tanti altri passaggi emblematici, quelli che possiamo definire della “storia minore” (ma Sciascia affermava “Devo alla letteratura minore l’attenzione che ho avuto per la grande”). E in questo filone, nel libro, troviamo altri passaggi interessanti e curiosi; a cominciare dai ricordi di infanzia: l’odore del cotonificio; la vita quotidiana ai tempi del fascismo; la scuola; l’esperienza di chierichetto, il parroco con le sue poesie dialettali, la pasta della tessera, la descrizione del latte, il giro in bicicletta nell’Oltrepò Pavese con le mondine che cantavano “lo sai che i papaveri”; la storia di Giovanni Montemartini, promotore delle cantine sociali dell’Oltrepò Pavese. La descrizione della casa dei nonni a Crema e il ricordo del nonno imprenditore che aveva avuto rapporti con Napoleone; l’incontro con Carmen Cignoli, la ragazza che diventerà sua moglie; il rapporto con la Ferrero e il nome Nutella che venne fuori dalla consulenza di Francesco Forte. E c’è il Francesco Forte economista e politico: la sua esperienza all’ENI e la nascita de “Il Giorno”, l’innovativo quotidiano che propone la novità della pagina economica. Il pranzo con Riccardo Lombardi per commentare l’accordo per la nazionalizzazione dell’energia elettrica; gli incontri con Craxi, presidente del Consiglio, per decidere sulle grandi questioni economiche; la sua esperienza di sottosegretario agli esteri delegato per gli interventi straordinari di aiuto ai paesi del terzo mondo: tumultuosa, avventurosa, ma di grande, straordinaria efficacia (cosa rara nel generale fallimento di questo tipo di intervento), e Forte ne spiega le ragioni. E ci sono tante altre cose interessanti, amare, edificanti, nel libro. E quella sera, al circolo dei riformisti, presentando quel libro, nel suo intervento finale, Forte si disse onorato e soprattutto commosso di quella serata, diversa dai contesti accademici delle tante altre presentazioni, alla presenza di tanti compagni socialisti e nel rievocare quella grande storia. Parlò del suo amore per il prossimo, della buona educazione che gli avevano insegnato i suoi genitori e la versatilità che ne deriva. E poi il dovere di fare bene il proprio lavoro, studiando e preparandosi; e sulle miserie dell’attualità, lamentò che purtroppo non ci sono più Poeti, Filosofi, Scrittori; e sulla classe politica attuale si espresse citando una frase di Nietzsche: “Chi guarda negli abissi acquista gli occhi dell’abisso”. E citò tante altre cose che hanno costruito la grandezza di Francesco Forte, che è pari alla sua semplicità, modestia; mirabile anche, come ci insegna Montaigne, in Francesco Forte la “gioia”, il “diletto” con cui ha sempre affrontato ogni cosa della vita. E così, caro Francesco Forte, come il tuo “Gabbiano”, Continua a volare alto nel cielo!