SPORT
Quando Arpino trasformò il calcio in letteratura
Darwin Pastorin
E ad Arpino dobbiamo il nostro romanzo più originale e intenso ‘dentro’ il calcio: ‘Azzurro tenebra’ (1977).
E ad Arpino dobbiamo il nostro romanzo più originale e intenso ‘dentro’ il calcio: ‘Azzurro tenebra’ (1977), ambientato nei giorni della disastrosa spedizione della nazionale italiana ai mondiali in Germania nel ‘74. Mi disse di quella sua opera: “Io mi considero uno scrittore non italiano, che usa la propria lingua sempre meno. Azzurro tenebra è un libro intraducibile”. Non potrò mai dimenticare il Mundial dell’82 in Spagna (ero un giovane inviato speciale di Tuttosport): sul campo l’avventura omerica di Enzo Bearzot e dei suoi ragazzi, in tribuna stampa Giovanni Arpino, Gianni Brera, Mario Soldati e Oreste del Buono a illustrare quei gol, quelle parate, quegli stupori in indimenticabili articoli Sì, aveva ragione Luis Sepúlveda: “Raccontare è resistere”. E Arpino rappresentò narrazione e resistenza, il nostro pane in tavola, la nostra luce bianca. E grazie, caro Arp, per averci fatto conoscere, con Nico Orengo, quell’altro, stupendo picaro della letteratura (anche) calcistica: Osvaldo Soriano: “Sono così le storie di calcio: risate e pianti, pene ed esaltazioni”. Arpino (presente in libreria con ‘Lettere scontrose’, 52 lettere e una risposta, postfazione di Bruno Quaranta, minimum fax) è ancora qui, con il suo sguardo attento, la sua ironia, il suo saper maneggiare gli aggettivi con la stessa abilità di un Borges, a indicarci la strada, a farci da bussola: “Parlar di football è bello e talora di spirito in compagnia, al bar. Scrivere è più ostico, la materia verbale è cruda, l’invenzione metaforica rischia sempre di travisare il gesto agonistico”. Giovanni sapeva come dribblare, con una finta degna di un Garrincha o di un Meroni, la banalità, la frase fatta, il verbo usurato. Sapeva come andare a rete con una frase ficcante, abbagliante, stilisticamente perfetta. Era un autentico fuoriclasse della parola: e noi, umili allievi, eravamo felice di stare all’ombra di quel gigante. E sul nostro taccuino troviamo, in evidenza, uno degli incipit più luminosi della nostra letteratura: “La vita o è stile o è errore”. Non serve aggiungere altro.