ATTUALITA’
OCCIDENTE VS ORIENTE
Eugenia Toni
L’integralismo, con la strategica proposta di un mondo nuovo, si incunea in questo vuoto di senso dell’Occidente.
La gestione fallimentare della politica occidentale in Afghanistan ci pone brutalmente davanti ad una domanda: ma noi, che ci stavamo a fare, davvero, in Afghanistan? Le risposte risuonano, ora più che mai, vuote: “per la democrazia, per la libertà, per la liberazione delle donne!” Ma oggettivamente chi ce l’ha chiesta, questa democrazia? Perché ostinarsi a volere un Afghanistan democratico quando l’Afghanistan ha dimostrato di non volere una democrazia importata? Perché, dunque, resistere all’inarrestabile processo che vuole l’affermazione di una identità territoriale non di certo seguendo le nostre coordinate ma mediante il diritto di esercitare la differenza propria di una struttura sociale con una complessità etnica organizzata in clan e tribù, impossibile da ricondurre al nostro schematismo? Il lieve avanzamento sui diritti non ha portato, in circa 20 anni, ad una reale maturazione culturale ed infrastrutturale. Viene da sé che tale forma politica generi, al contrario, maggiore instabilità e che oggettivamente non possa funzionare in alcuni contesti. In Afghanistan la decantata democrazia si è cristallizzata nel governo di un élite sostanzialmente invisa a gran parte della società.
“Ingannare sé stessi è più che mai facile; si crede vero quel che si vuole; le cose, però, non stanno proprio così”
Demostene, Terza Olintiaca 19
Come stanno le cose? La verità è che il nostro modello occidentale può, in questa fase storica, non essere affatto seducente, né universale. Il processo o evoluzione democratica è frutto controverso e combattuto di una dialettica di secoli, e non dunque di soli 20 anni, capace di preparare culturalmente una società affinché questa sia in grado di gestire la struttura della democrazia.
La verità, poi, è che, questo modello occidentale non è stato neanche convincente, svelando a noi (più che a loro) l’inconsistenza di una mitologia democratica: la burocratizzazione dei processi decisionali, la promozione della mediocrazia, l’onnipresenza dei tecnocrati, l’indebolimento della politica nazionale a causa della globalizzazione, l’austerità economica, l’instaurarsi di una sorta di dittatura della maggioranza in cui i cittadini pretendono una maggiore estensione dei diritti ma, nel contempo, disprezzano la cosa pubblica quasi delegittimandola. Un Occidente che da un punto di vista sociale, dunque, e valoriale, non offre risposte. Al contrario una certa mistica ed estetica orientale, con regole chiare, una rigida strutturazione nello stile di vita, costituisce un modello sicuro. In sintesi, alla stigmatizzazione delle identità in un Occidente concentrato sull’uso della schwa per una lingua più inclusiva, corrisponde un profilo identitario netto e ben costruito nel sistema culturale e valoriale orientale. L’aspetto religioso è relativo, rappresentando solo l’aspetto comunicativo o emozionale attraverso cui passa un’alternativa non solo ideale ma realmente governativa rispetto alla realtà occidentale. L’integralismo, con la strategica proposta di un mondo nuovo, si incunea in questo vuoto di senso dell’Occidente che, incapace di leggere la propria stessa crisi, esporta sé stesso in modo debole e assolutamente poco credibile. Come può rispondere, dunque l’Occidente e soprattutto l’Europa, davanti ad una disfatta che getta ombre sulla consistenza degli interventi in Medio-Oriente? Ripiegandosi su sé stesso e tornando a riflettere sul significato della politica (e non sui politici), come riflesso statale dell’uomo interiore. Il credere fortemente nell’evoluzione e nella crescita condivisa di un popolo, nonché mantenere alta la coscienza della propria identità culturale sono cose che impediscono ad ogni estremismo religioso di attecchire in Europa.