EMOZIONI
L’ULTIMA FOTO POSTATA: IPOTESI PER UNA FOTOMANTICA
Enrico Borla
Ed ecco entrare in gioco la fotomantica, l’arte di interpretare le immagini del profilo traendone un presagio.
Esiste una categoria fotografica dai risvolti inquietanti: l’ultima foto postata nel profilo social. L’essere l’ultima immagine con cui vuoi essere visto, riconosciuto, porta con sé una serie di effetti collaterali. Innanzitutto l’attesa sia da parte di chi l’ha postata sia da parte del follower di turno. Il postante ovviamente ha degli scopi: farsi riconoscere, oppure mimetizzarsi, oppure trasmettere dei messaggi ben precisi. L’influencer in ansia per la pagnotta da guadagnare, l’adolescente carina narcisisticamente in attesa di ammirazione, il politico coinvolto nei suoi machiavellici tentativi di presa di potere, la milf disperata che cerca di valutare gli ammiratori su cui può ancora contare, l’uomo qualunque speranzoso di non essere qualunque, mediamente desiderano apparire belli, anzi più belli. Foto truccate, pose seducenti, occhi ammiccanti. In fondo siamo tutti dei disperati straccioni in attesa di pochi centesimi di notorietà virtuale per essere certi di esistere ancora. Anche una spia russa, o l’affiliato ad una cosca o il no vax terrapiattista, hanno bisogno di sapere che il loro messaggio, più o meno in codice, sia stato recepito. Le cose si rendono molto più interessanti se andiamo a valutare le foto del profilo che non ritraggono il gestore del social, bensì altro: gatti, gattini, fiori, figli, partner, fumetti, tramonti, paesaggi insomma un cosmo infinito di figure, che hanno attinenza con il soggetto in questione ma non sono l’immagine del soggetto. Qui si apre il mistero. Come i tatuaggi quelle immagini hanno un significato per chi le ha postate ma non esiste un dizionario per poterle decifrare. Fra i maori o in qualsiasi comunità strutturata, fosse anche la mafia siberiana, vi è un codice chiaro e condivisibile. Ma noi non siamo una comunità, siamo un mondo ribollente di fluidità dove la possibilità di condividere un codice è di fatto quasi impossibile. Ed ecco entrare in gioco la fotomantica, l’arte di interpretare le immagini del profilo traendone un presagio. Come gli avvoltoi per gli antichi o le forme dei visceri degli animali macellati o gli steli di achillea per i Ching, le misteriose immagini del profilo assumono sensi e significati per chi le osserva. Se questi significati corrispondono alla volontà di chi ha pubblicato, questo resta mediamente un mistero irrisolvibile, ma le ipotesi a riguardo forniscono un divertimento inenarrabile per il follower. La moltiplicazione dei significati attribuiti all’ultima foto pubblicata diviene la manifestazione di una paranoia subclinica prêt-à-porter. Cosa ha voluto dirmi? Questa è la domanda che ognuno si pone scorrendo FB, Instagram e soprattutto WA e i suoi stati. Ognuno si sente protagonista, oggetto di quell’immagine. Perché si è fatta brutta? Non mi vuole oppure mi dice che anche se brutta esiste? Ha pubblicato la foto della famiglia? Allora non vuole più essere il mio amante? Che tenera si vede come un gattino. Oppure vuol fare la gatta morta?
Magari mi pensa come il suo topo in trappola? Anche le stories su Instagram hanno un loro codice ma se vogliamo, essendo limitate alle 24 h, sono più ingenue, la mantica è facilitata dalla limitazione nel tempo. La mantica amata dagli antichi stoici prevedeva, nel suo paradigma, una concatenazione degli eventi nel tempo, per cui i segni indagati potevano contenere i semi di quello che sarebbe successo. Ora in questo tempo confuso che di stoico non ha nulla, la mantica o meglio la fotomantica da social è un ramo del pettegolezzo. Come vecchie comari che spiano dal balcone gli affari dei vicini, ci affanniamo a sorvegliare le foto e gli stati postati. Ma esiste una differenza. Le comari guardavano dalle persiane socchiuse, e gli osservati raramente ne erano al corrente o meglio mettevano in azione una serie di strategie per sfuggire al mondo panottico tipico dei paesini. Forse l’attuale situazione ricorda maggiormente i maneggi di corte, dove nobili, cortigiani e servitori, tutti erano al corrente dello sguardo altrui ed in funzione di questa consapevolezza si muovevano. Ma a corte ci sono regole, pensiamo semplicemente ai “nei” posticci delle dame settecentesche e al codice posizionale annesso. La fotomantica attuale, infondo, assomiglia maggiormente al compito degli analisti dei servizi segreti continuamente a confronto con le tecniche di “dezinformatzija” usate dal GPU antesignano del KGB fin dal 1923. Quello che veniamo a sapere da quelle foto è vero oppure è quello che vogliono farci sapere? Sono foto volutamente false pubblicate per far sapere che chi pubblica sa, oppure ci troviamo dall’altra parte un ingenuotto facilmente smascherabile? È un gioco infinito dove narcisismo, paranoia, voyerismo ed esibizionismo si rincorrono in un nastro di Moebius, senza fine. Come tutti i giochi, la fotomantica ha una parte di divertimento dove i turbamenti e le passioni più infere si smorzano, rendendo innocuo ciò che innocuo non è. Siamo mammiferi di stazza media grossa ed anche abbastanza pericolosi. La fotomantica è solo un modo nuovo per controllare i membri della tribù. È vero che sono i nostri compagni ma in ognuno di noi si nasconde un possibile assassino da tenere sotto controllo. Buone fotografie a tutti!