ATTUALITA’

L’ESTATE DELLA MALAFILOSOFIA

Massimo Rostagno

…ciò che importava era urlare che la casa stava bruciando e che la nostra democrazia era in pericolo…

L’estate non deve far troppo bene alla lucidità dei filosofi. Due di loro – assai illustri – hanno contribuito, con argomentazioni alte e nobili, a quella mala informazione ricordata su questa pagine dall’editoriale di Guido Barosio: Giorgio Agamben e Massimo Cacciari, cui si è rapidamente unito Gianni Vattimo. (A questi si potrebbe aggiungere Diego Fusaro, che con grande difficoltà riesco ad includere nella cerchia dei filosofi). Prendendo posizione sui noti temi della pandemia, i due hanno radicalmente criticato la risposta che il sistema pubblico sta provando a dare all’emergenza sanitaria. Intanto, va ricordato che il professor Agamben nel febbraio 2020 scrisse un testo intitolato “L’invenzione di una pandemia”, in cui sosteneva che il COvid 19 di fatto NON esisteva, se non come comunissima e banale influenza e che le misure già in allora adottate erano completamente ingiustificate e rivelavano la diabolica propensione del “potere” a togliere le libertà dei cittadini. Da allora, l’epidemia inventata dal potere ha fatto in Italia circa 130 000 morti, per tacere degli ospedalizzati, che hanno stravolto l’intero sistema sanitario nazionale. Ecco, dopo una scempiaggine di quel genere, così clamorosamente e fragorosamente smentita dalle evidenze empiriche e dalla realtà dei fatti, ci si aspetterebbe un dignitoso silenzio. O volendo ancora – legittimamente – prendere la parola in un dibattito pubblico, decenza imporrebbe che qualunque dichiarazione fosse preceduta dalle seguenti parole: “Posto che quanto ho scritto in passato si è rivelato una colossale castroneria, io penso che etc. etc etc”. Sarebbe stato accettabile e avrebbe dato l’idea di un pensiero che evolve con i fatti. Invece niente di tutto ciò. Ignorando la bufala precedente, senza fare un plisset, il professor Agamben ha continuato ad esternare e il 28 luglio 2021, in uno scritto insieme al collega Massimo Cacciari, in occasione dell’introduzione del Green pass ha gridato all’allarme democratico. La inaccettabile “discriminazione” li ha fatti strillare alla fine della democrazia, argomentata con parallelismi iperbolici tra il Green pass e la “propiska” (il passaporto sovietico che i cittadini dovevano esibire per spostarsi dalla loro città) e addirittura la stella gialla che, sotto il regime nazista contrassegnava gli ebrei.

Ci sarebbe da dire “Bum”, se parallelismi di questo genere non fossero non soltanto fuorvianti, ma tragici. Tra l’altro, visto che il prof Agamben dichiara la sua formazione giuridica, dovrebbe cogliere la differenza, quanto meno formale tra l’”essere ebrei”, che è una condizione oggettiva e il non avere il Green pass, che è il risultato di una scelta soggettiva. Ma andiamo oltre. E sorvoliamo anche sul fatto che negli articoli usciti (la Stampa 30 luglio 2021) i due illustri accademici hanno fatto da sponda alle peggiori bufale fatte circolare da no vax e affini spargendo dubbi sull’utilità e sull’efficacia dei vaccini stessi. Un accurato fact checking ha mostrato uno per uno gli svarioni scientifici disseminati in quel pezzo. Ma per gli autori, ciò che importava era urlare che la casa stava bruciando e che la nostra democrazia era in pericolo:

che importanza può avere nel bel mezzo della più grave crisi sanitaria del secolo trattare con disinvoltura dati e risultanze medico-scientifiche? Non aggiungo altro ai termini del dibattito che sono ben noti, ma ciò che mi ha riempito di amarezza è il fatto che i due noti intellettuali appartengono proprio alla categoria che Barosio ha definito “quelli che non ti aspetti”. Qui non parliamo dei Napalm 51 che popolano i social, ma di stimatissimi personaggi della cultura nazionale che hanno negli anni dato lustro al nostro paese. Proprio Cacciari, che immaginavo più aderente ai dati di realtà, era stato tra i primi, ai tempi del lockdown, a segnalare l’urgenza sociale, che dal disastro sanitario sarebbe derivata. L’ho sentito molte volte ripetere che l’emergenza sanitaria sarebbe stata affrontata dai medici e dalla scienza, ma che la politica doveva invece occuparsi delle conseguenze sociali (disoccupazione, chiusure di attività economiche etc.). Giustissimo, sacrosanto. E che diavolo sarebbe il Green pass se non lo strumento con cui, tra l’altro, tenere aperta l’economia italiana? Ed evitare proprio quella crisi sociale su cui Cacciari lanciava i suoi strali? Mettiamoci pure l’attenuante del caldo estivo, ma non è ammissibile un tale svarione, una tale incapacità “intellettuale” di tenere ferme le priorità mettendole in fila in una razionale gerarchia. Come si può cedere in modo così sguaiato al richiamo della foresta dell’antagonismo fine a sé stesso, della denuncia delle malefatte del potere anche quando queste non ci sono. La filosofia non ne esce bene. Certo nessuno chiede ai filosofi di sposare il senso comune, anzi. La filosofia nasce esattamente per divergere dal modo di pensare della maggioranza, per ribaltarlo, rovesciandone le ovvietà, ci mancherebbe. Ma in questo caso, in questa situazione così fragorosamente inedita, l’impressione non è stata quella di una corrosiva critica della banalità, ma di uno svarione. Sostituire nell’ordine delle priorità l’emergenza sanitaria (reale) con l’emergenza democratica (immaginaria) ha dato l’impressione di prendere lucciole per lanterne. Confondere il Green pass con la stella gialla ha dato il senso di una dismisura, di una sproporzione che un loro predecessore, Platone, considerava “una congerie tale da divenire ogni volta essenzialmente una sventura”. Altro che conoscenza o verità! Viene in mente il celebre aneddoto della servetta di Tracia e di Talete, riportato proprio da Platone, ad illustrazione della distanza tra i filosofi e i comuni mortali: impegnato a guardare le stelle, Talete non si accorse di cadere in un pozzo producendo lo sghignazzo divertito della giovane. Talete, tuttavia, iniziatore del pensiero occidentale, poteva permetterselo. I nostri filosofi, con lo sguardo in alto a contemplare le stelle della libertà e della democrazia, non si sono accorti dei morti e dei malati ai loro piedi. Forse noi saremo la servetta di Tracia, ma Cacciari e Agamben non sono Talete.