CULTURA
L’AFORISMA NELL’ERA DEI MILLENIAL
Anna Antolisei
La brevità. Ecco la paradossale opulenza dell’aforisma: sta tutta nella pertinace, sofisticata ricerca dell’estrema sintesi.
Nel panorama letterario italiano di oggi, parlare dell’aforisma, o in modo meno specifico della Forma Breve, non è affatto anacronistico, anzi: succede che il genere sia tornato in auge dopo quasi mezzo secolo di permanenza in stato semi-comatoso, di timide sortite editoriali, di apparizioni sommesse, frammentarie, qua e là disseminate e disperse. Possiamo supporre che il merito di una tale rifioritura dipenda dalla necessità del nostro tempo di adottare forme espressive sempre più veloci, incisive; ed esemplificano sin troppo bene questa tendenza i social presenti su Internet: uno per tutti Twitter, che impone di postare frasi composte da un massimo di 280 caratteri. E infatti proprio qui si leggono sinteticità a bizzeffe, ma attenzione: non tutto ciò che è stringato si può definire aforisma, così come non tutto ciò che va a capo può passare per poesia. Vero è che i social sono serbatoi inesauribili di battute, ma sembrano barchette che navigano in Rete bordeggiando solitarie in un immenso arcipelago d’idiozie: una fortuna, quindi, che non si siano scoraggiati gli indefessi ricercatori di autentiche ‘perle di saggezza’, perché, nell’attitudine della ‘generazione zeta’ a schernire i luoghi comuni, a ironizzare tanto sui costumi correnti quanto su se stessi, essi trovano istantanei guizzi di genio che sarebbero tranquillamente attribuibili a noti, indocili pensatori di ieri. Qualche esempio:
– Fatti non foste a viver come bruti; ma vi siete adattati alla grande!
@Alice_Why
– Dimostro meno danni di quelli che ho.
@BuiOscuro
– Verba volant: congiuntiva, invece, manco decollant.
@Micalapo
– Il fatto che in inglese scrivano “What’s” non giustifica il fatto che voi scriviate “Qual’è”.
@rob_round
– Tutto è bene quel che, se non cominciava, era meglio.
@LiviaFanfulli
– Ho un forte senso del dovrei.
@MoglieDiCurley
– “Io credo che le donne…” Sessista!
“Io credo che la politica…” Tuttologo!
“Io credo…” Bigotto!
“Io…” Egocentrico!
@marcosalvati
Ma quando i millenial evadono dal loro canonico cliché dissacratorio, ecco che affiorano le pensose inquietudini post-adolescenziali:
– Ho un grammo di ottimismo, ma è per uso personale.
@saraturchina
– La paura del buio mi è rimasta finché non ci ho fatto l’amore dentro.
@LapostrofoAura
– Sono così altruista da vergognarmi spesso per gli altri.
@olli_gu
– Ti auguro tutto il bene che ti voglio
@laresadeitonti
– In Italia c’è così tanta disoccupazione che il 40% dei giovani non capisce le battute sul lunedì.
@Frandiben
– Forse su Twitter non si può cambiare il mondo. Ma se il mondo cambia, sei tra i primi a saperlo.
@IdeeXscrittori
– Se non puoi essere insostituibile, renditi indimenticabile.
@Arli3
– Amore: quella cosa che papà fingeva di inciampare per farmi vincere.
Quella che io ora fingo di appoggiarmi a lui per poterlo sorreggere.
@ziacoca
Pur ringraziando i millenial per l’apporto che permette di sperare in un prospero futuro, sarebbe un’inesattezza imperdonabile attribuire il nuovo Rinascimento dell’aforisma soltanto agli imberbi utenti del web. A determinare la fortuna di un genere letterario resta ancora il peso intellettuale, culturale degli ‘adulti’. Infatti, è proprio nel mondo degli accademici, degli autori affermati, dei collezionisti di rarità aforistiche che si è fatto sentire, forte e chiaro, il sussulto orgoglioso di nostalgia verso la ricchezza massimatoria italiana del primo ‘900: epoca d’oro in cui le ‘frasi celebri’ di Flaiano, Loganesi, Maria Luisa Spaziani e poi Ceronetti, Gervaso, ecc… venivano stampate, tradotte e citate ad ogni piè sospinto. Sta di fatto che un impulso concreto alla rinascita del genere lo ha dato soprattutto il loro coalizzarsi quando fondarono l’Associazione Italiana per l’Aforisma,
che oltre a mettere in pari il nostro Paese con le società letterarie specialistiche di altre nazioni, dal 2008, raccoglie e diffonde il frutto della creatività di numerosi, eccellenti talenti aforistici contemporanei. Fiore all’occhiello dell’Associazione è il biennale Premio Internazionale per l’Aforisma ‘Torino in Sintesi’. Arrivato quest’anno alla sua VII edizione, il premio non ha mai smesso di rifornire quel grande serbatoio di massime d’autore che forma oramai la più consistente biblioteca dell’apoftegma italiano del terzo millennio. Ma al di là delle pure constatazioni fattuali, il motivo per cui l’aforisma resta comunque inamovibile nella nostra cultura occidentale sin dai tempi d’Ippocrate, è di carattere ben più profondo; ed è proprio l’implicita connotazione d’intensità e di spessore della massima che le giovani generazioni sembrano intuire, andando oltre le demarcazioni lessicali. Noi, infatti, leggiamo nei dizionari questa definizione del genere: “… E’ una breve frase che esprime sinteticamente – analogamente alle antiche locuzioni latine – un principio specifico, un pensiero, un sapere pratico o un più generale, un costrutto filosofico o morale. – Sinonimi: detto, massima, motto, pensiero, precetto, sentenza, apoftegma, epigramma…”. Tutto vero e certamente corretto, ma l’austerità rigida, algida del lessico da vocabolario sembra quasi contraddire l’elastica, diversificata, a volte riflessiva e saggia, spesso scottante e affilata natura dell’aforisma, che con tanta efficacia riesce a descrivere millenni di storia di un’umanità che, pur cambiando di continuo, resta sempre identica a se stessa. La brevità. Ecco la paradossale opulenza dell’aforisma: sta tutta nella pertinace, sofisticata ricerca dell’estrema sintesi. E’ l’arte ostica del saper sottrarre dalla scrittura ogni inutile orpello, ogni superflua divagazione. E’ l’enunciare un concetto, nel suo massimo spessore, esprimendolo con il minimo dispendio di parole. Non a caso Pitigrilli ebbe a dire: “Ci vogliono anni per imparare a scrivere, ma non basta tutta la vita per imparare a cancellare”. E, prima di lui, Voltaire fu ancora più esplicito: “Vi scrivo una lunga lettera perché non ho tempo di scriverne una breve”. E non è tutto. Chi legge per consuetudine le sillogi dei massimi aforisti fin qui vissuti – cito soltanto La Rochefoucauld, Kraus, Canetti, Cioran, Nietzsche, Wilde, ecc… – sa bene quanto le massime siano formidabili induttrici di riflessione: e, fatto provvidenziale, lo rimangono in quest’epoca corrente dove il verbo ‘riflettere’ tende a scivolare nel totale oblio per mera mancanza di utilizzo, cassato com’è dalla voga del pensiero frettoloso, superficiale, di sola e subitanea utilità. Senza dimenticare ‘l’effetto ciliegia’ dell’aforisma (se inizi a leggerne uno, rischi di divorare l’intera silloge), chiudo questo istintivo elogio alla Forma Breve con un’ultima annotazione. Può capitare che la ‘saggezza in pillole’ riservi al lettore delle salutari sorprese. Quando ci ritroviamo ad amare o a odiare molto un aforisma, significa che riesce a far vibrare davvero le corde più intime delle nostre coscienze; che con folgorante immediatezza tocca nel profondo la nostra sensibilità. Basterà indagare sul perché e la risposta ci porterà di un passo più vicini alla profonda conoscenza di noi stessi. Questi sono solo alcuni tra gli effetti collaterali che la massimazione esercita. Se a volte, per il lettore, alcuni apoftegmi risultano scomodi, destabilizzanti, indigesti, possiamo immaginare quanto, su chi osserva il mondo con l’attenzione critica, con l’arguzia lucida di chi li scrive, i medesimi effetti siano elevati all’ennesima potenza. Eppure, abdicare ad una tale prova di matura essenzialità nell’elaborazione del pensiero, resta umanamente, intellettualmente inconcepibile. Da sempre ‘specchio dei tempi’ di rara efficacia, l’aforisma continua a prosperare: d’altronde, vi è forse un qualche passo, nel cammino dell’Uomo, tanto insignificante da non meritare un’analisi accurata, vuoi rigorosamente logica, vuoi venata di compassionevole emotività? No di certo: meno che mai nell’instabile ma stimolante era di transizione che stiamo vivendo e che presto vedrà protagonista proprio la generazione dei millenial.
Sarà bene, allora, che i giovani conoscano a fondo l’autentica natura del loro essere, prima di lanciarsi nella costruzione di un qualsivoglia, nuovo corso. Ad illustrare senza sconti ciò che, ieri come oggi, possiamo attenderci da noi stessi ci pensa l’intera storia della letteratura, non c’è dubbio. Se poi ci sono antichi ed attuali aforisti che magistralmente, e anche in breve, sanno contribuire a una tale opera di esaustiva educazione… Beh, perché non approfittare di questa sterminata, illuminante, spesso incantevole occasione?