ECONOMIA
JOHN NASH: COMPETIZIONE SENZA SPERANZA?
Paolo Vieta
L’umanità è condannata alla non collaborazione perpetua, con risultati devastanti?
1994: a John Nash viene conferito il Premio Nobel per l’Economia. Con sua grande sorpresa, per la tesi di dottorato formulata nel lontano 1950. Il mondo si è reso conto che il Dilemma del Prigioniero ha messo in crisi le certezze dell’Economia Classica, rivoluzionato il concetto di antitrust e posto nuovi interrogativi sulla competizione umana. La curiosa vicenda è narrata nel film A beautiful mind di Ron Howard 2001, vincitore di quattro premi Oscar. La pellicola si sofferma sulla vita del protagonista, docente a Princeton (dove insegnava Einstein), indugiando sulla malattia mentale ed un supposto stato allucinatorio, ma ben poco mette in luce del suo pensiero. O meglio, della sua geniale intuizione, perché non possiamo affermare che John Nash sia stato uno dei grandi intellettuali del ‘900, con uno stuolo di studenti, un lungo elenco di pubblicazioni, una scuola che ne tramandasse il pensiero. Cionondimeno è uno dei cardini della Teoria dei giochi ed ha una infinità di applicazioni.
Il Dilemma del Prigioniero
Per semplicità del lettore, è qui esemplificato con solo due giocatori e due scelte. Si immaginino due accusati di omicidio, in stato di arresto; la polizia offre loro la possibilità di confessare l’omicidio: se uno accusa l’altro, avrà l’immunità e l’altro trenta anni di carcere; se entrambi si accusano, la pena sarà ridotta a venti anni ciascuno; se entrambi tacciono, usciranno dopo un anno di custodia cautelare, per mancanza di prove. Dalle possibili combinazioni si ricava una tabella due per due in cui, nel Quadrante Alfa, il migliore possibile, il totale della pena da scontare è di soli due anni, all’opposto nel Quadrante Delta sale a quaranta equamente ripartiti, mentre nei restanti casi il totale si riduce a trenta, interamente a carico del prigioniero che non ha confessato. I prigionieri sono supposti perfettamente razionali, postulato tipico dei soggetti economici da Adam Smith in avanti. Ognuno farà quindi questo ragionamento: se l’altro confessa, mi prendo trent’anni, quindi confesso anch’io e ne ho solo venti; se l’altro non confessa, mi conviene comunque confessare ed uscire subito invece che tra un anno. Quindi trova vantaggioso confessare in ogni caso. Essendo la situazione simmetrica, anche il secondo prigioniero confessa, per lo stesso ragionamento. Il risultato è il peggiore possibile perché si condannano a quaranta anni complessivi, contro i due che avrebbero avuto tacendo. La pura razionalità spinta dall’utilità personale, in situazioni di questo tipo (con una matrice dei payoff così costruita) conduce, paradossalmente, al massimo disastro. Persino Pangloss, l’irreducibile ottimista precettore del Candido di volterriana memoria, avrebbe qualche difficoltà nel definirla la migliore delle soluzioni possibili. Nel momento in cui la decisione è svelata ed i giocatori sono consapevoli delle conseguenze, sono disposti a cambiare la propria decisione? No, anche a posteriori il ragionamento non cambia: tanto se l’altro confessa, comunque mi conviene confessare, anche se l’altro giura col sangue che non parlerà, tenterà comunque l’azzardo morale (infrangere l’accordo) perché il vantaggio per lui è evidente. Il pessimismo si incupisce. Dal Quadrante Delta non si esce, per questo è definito Equilibrio di Nash al Dilemma del Prigioniero, nonostante non sia efficiente, non solo complessivamente, considerando l’utilità totale, ma anche in senso paretiano, poiché esiste una posizione (Quadrante Alfa) in cui entrambi avrebbero un vantaggio senza danneggiare nessuno.
Conseguenze ed applicazioni.
Questa intuizione di Nash costituisce una messa in discussione dei dettami dell’economia classica per come Adam Smith li aveva postulati, con la convinzione che i singoli, massimizzando la propria utilità, avrebbero finito col massimizzare anche quella complessiva. Quanto meno in determinate condizioni. Questa autentica rivoluzione copernicana fa da contraltare a quella di Keynes in campo macroeconomico, nel momento in cui, definendo il ciclo economico, fatto anche di crisi e recessioni, suggerisce l’intervento calmieratore dello Stato, frantumando le certezze smithiane che la longa mano del mercato avrebbe finito per riequilibrare tutto. Non esiste dunque alcun modo di uscirne? L’umanità è condannata alla non collaborazione perpetua, con risultati devastanti? La soluzione si ha con la maturata consapevolezza strategica dei giocatori, acquisita dopo aver giocato molte partite e sapendo di doverne giocare ancora molte altre. Se il gioco è ripetuto molte volte ed il danno relativamente basso, i giocatori potrebbero adottare scelte non ottimali (di second best) e raggiungere la consapevolezza che il Quadrante Alfa è migliore per tutti. Risultato tanto più probabile quanto maggiore è il controllo reciproco tra i giocatori, onde ridurre gli azzardi morali.
Le applicazioni pratiche sono molteplici e di portata notevole. La Guerra Fredda era riconducibile ad un gioco Dilemma del Prigioniero: solo il controllo reciproco e la possibilità di rappresaglia prima della distruzione totale hanno evitato il conflitto nucleare. L’intera storia dell’Opec può essere letta nello stesso modo, a volte ha funzionato, altre meno: abbiamo spesso visto sui giornali le reciproche accuse di non aver rispettato i tagli concordati. L’approccio all’antitrust è stato completamente rivisto; prima si riteneva fosse sufficiente spezzare il monopolista in diverse società, dando per scontato che queste avrebbero agito in modo concorrenziale tra di loro (si vedano le sentenze Standard Oil Company, 1911 ed AT&T, 1984). In seguito, la Scuola di Chicago ha messo in luce che non conta il numero di operatori presenti in un mercato, poiché possono colludere in una cordata oligopolista, impedendo l’accesso al mercato a terzi; è invece sufficiente una sola impresa per garantire la concorrenza, a patto che non vi siano vincoli di accesso per altri potenziali soggetti: è la Teoria dei mercati contendibili. Pensiamo ad un esempio semplice, se su una spiaggia ci sono cinque stabilimenti balneari, è più probabile che si facciano una concorrenza spietata, abbassando i prezzi ed offrendo più servizi per accaparrarsi l’ultimo cliente, o che colludano per aumentare i profitti? Avete mai visto uno stabilimento balneare cessare l’attività? La vicinanza, il controllo reciproco, ad esempio sul numero di sdraio, l’interazione ripetuta negli anni li portano ad una strategia collaborativa, da Quadrante Alfa. Per contro vi sarà capitato di vedere un ristorante o una pizzeria chiudere. Sarebbe possibile, in una grande città, una strategia collusiva, con riduzione dei posti a sedere, prezzi stabili ed elevati, controllo reciproco? Più provocatoriamente, un professore propone ai suoi studenti un esame con questa regole: chi consegna il compito avrà la valutazione che merita, se uno o più consegnano in bianco saranno bocciati, solo se tutti consegnano in bianco avranno trenta e lode, perché hanno capito come collaborare uscendo dall’equilibrio di Nash. Quale strategia adotteranno gli studenti? Giocare molte molte volte pone nella condizione di capire il vantaggio delle collaborazione, contro quella spinta a primeggiare per sopravvivere che è ancestrale nell’uomo (si veda il pessimismo di Kubrick sulla condizione innata dell’essere umano). In questo senso un gioco come Fortnite, nella modalità a squadre, può essere decisamente educativo. Quando un ragazzino, di fronte al nemico abbattuto, invece di gioire, polemizza col compagno dicendo: «Oh bro, mi hai stillato la kill!» (traduzione: fratello, ho iniziato io a sparare a quel tale e lo stavo finendo quando sei intervenuto a dargli il colpo di grazia, non era richiesto e considero ingiusto che l’uccisione sia stata computata come tua, visto che io ho fatto quasi tutto il lavoro), significa che il giocatore è in una logica di competizione con i compagni, ad essere il più bravo della squadra. Ci vogliono molte partite e non pochi litigi, prima di capire che si vince se la squadra è coordinata, invece di andare all’assalto da solo, per fare il magnifico. Se la competizione è innata, la collaborazione si impara con fatica, a volte a caro prezzo, come ben sa chi allena una squadra sportiva, o conduce un esercito. La sociologia militare insegna che i reparti più coesi, quelli che non vanno in pezzi anche nelle situazioni più estreme, non sono quelli più ideologizzati, ma quelli che hanno costruito maggiore coesione con un addestramento più lungo ed intenso o con maggiori e drammatiche esperienze di fuoco. Iterando molte volte le situazioni di pericolo, i soggetti apprendono la fiducia reciproca, trascurando il malumore di oggi, per avere un supporto domani. Il maggior vantaggio individuale, in certe condizioni, si ottiene quindi rinunciando alla propria preferenza, attuando una scelta non immediatamente ottimale, di second best. A ben vedere, questo concetto non mi è affatto nuovo, me lo insegnavano da bambino al catechismo. Quale più evidente esempio di rinuncia, finalizzata alla collaborazione, che porgere l’altra guancia? Quante volte bisogna farlo prima che si inneschi un meccanismo collaborativo? In fondo Nash non fa che dimostrare matematicamente un concetto simile a quello che Gesù Cristo aveva capito ed insegnava duemila anni fa.