LE INTERVISTE IMMAGINARIE

JEAN PAUL BELMONDO

Beppe Valperga

Sì, l’hai detto. Piacevo alle donne.

Un qualcosa di impossibile, meglio molto molto difficile: è scomparso da poco, il 6 settembre 2021, e pare non risponda, non vorrà? non potrà? Nel dubbio mi sono rivolto a un sensitivo potente che conosco, a lui di solito basta darti uno sguardo per dire cose importanti. Ci tiene all’anonimato e quindi non dirò chi è né dove sta. Quando gli ho detto di Belmondo, mi ha sorriso, abbracciato e, con la sua usuale serenità, mi ha mandato a casa: “Vai e aspetta”. Ora sono qui, sorseggio un infuso di melissa e attendo. Risata, sento una risata sommessa, come trattenuta, poi libera e forte, poi la voce: “Beppe, ma ti pare, sono qui, ma è un mondo diverso, vieni, andiamo, sto cercando De Sica.” Mi guarda fissandomi: “Quando sei morto?”

Sbigottito, ma non troppo, rispondo: “Ci siamo visti solo due volte, sono un tantino imbarazzato. Poi sono vivo e devo intervistarti.”

“È così? Ciao, non ho tempo”, si gira e sparisce, dopo qualche secondo riappare, com’era quando girò “La Ciociara” (1960), persino con quegli occhialetti che aveva: “Va bene, va bene, scherzavo, cominciamo subito, ho fretta.”

  • Va bene, Jean Paul, parliamo delle tue origini occitane, come ha detto Fredo Valla, che ti accomunano a Fernandel e a Dominique Boschero.
  • Sono francese, nato il 9 aprile 1933 a Neuilly-sur-Seine, vicino a Parigi. Anche i miei genitori erano francesi, mio padre Paul era uno scultore, mia madre Sarah Rainaud-Richard era una pittrice. Il nonno era piemontese, veniva dall’alta valle Stura, da Castello di Pietraporzio. Emigrò in Provenza, giovane pastore di pecore. Sono origini lontane, se vuol dire essere occitano, sono felice di essere occitano. Dominique Boschero, attrice e donna bellissima, Fernandel un grande attore.
  • È vero che volevi fare il pugile?
  • Sì, sì. Ho sempre avuto una grande passione per la boxe. Ho praticato la boxe, ero giovane, ho fatto quindici incontri, non di più.
  • Come sono andati?
  • Bene, insomma…
  • E poi?
  • E poi ho seguito e continuato a seguire gli incontri dei campioni. Mi ricordo bene l’incontro tra Cerdan e Fouquet, il 2 febbraio 1947. Ci andai con mio padre. Cerdan vinse al primo round per ko. Ci eravamo appena seduti e Fouquet era già steso. Cerdan divenne campione europeo.
  • Mai più fatto boxe?
  • No, però ho sempre ammirato la tecnica della difesa, l’arte di schivare e il gioco di gambe. Ho nostalgia, sì. C’erano un sacco di pugili eccellenti. Ora ce ne sono meno. I pesi massimi più così. C’erano combattimenti che ti facevano venire voglia di fare boxe. Oggi ho meno passione, questo è sicuro. Oggi ci perdiamo un po’ con tutta la roba che c’è.
  • E il calcio, la tua passione per il calcio…
  • Sì, sì. Il calcio. Ho fatto anche il portiere. Mi piace il calcio. Ho davvero messo i soldi per iniziare l’avventura del Paris-Saint-Germain. Ma non sono rimasto a lungo. Non era più compatibile con le riprese, i film, la mia vita di attore.
  • Per curiosità, il tuo naso è un ricordo della boxe?
  • No, è frutto di una rissa tra ragazzi, una botta et voilà.
  • Veniamo al cinema, quando hai cominciato?
  • Ho cominciato a recitare in teatro, ho fatto l’Accademia, ho fatto teatro per otto anni e poi ho avuto piccole parti al cinema.
  • Quando?
  • Ho esordito nel cortometraggio “Molière” di Norbert Tidian, nel 1956.
  • E poi 83 film fino a “Un uomo e il suo cane” di Francis Huster nel 2008, remake di “Umberto D.” (1952) di Vittorio De Sica, soggetto di Cesare Zavattini.
  • Sì, come vecchio stanco andavo bene.
  • Già, parole dell’icona mondiale del cinema, lo scavezzacollo affascinante, il brutto attraente del cinema francese dal grandissimo carisma, adorato dal pubblico femminile.
  • Sì, l’hai detto. Piacevo alle donne.
  • Non basta, Barillari, il re dei paparazzi romani, ha detto che quando eri a Roma, in via Veneto le donne ti assediavano e tu non te ne lasciavi scappare una.
  • Esagerato, molte sì, naturalmente sceglievo.
  • Un gran bel passato.
  • Sono fiero. Non ho nostalgia del passato, né rimpianti. Non penso mai al passato, guardo solo al futuro. Con l’età si migliora, migliorano tante cose, anche la recitazione.
  • Si sa che gli artisti veri sono rigorosi, seri, di poche essenziali parole. Tu hai subito la malattia, hai gli acciacchi e le conseguenze, non ti sei nascosto, non hai rifiutato impegni.
  • È la vita, procedo come la vita mi consente, se posso mi diverto, come quando ho fatto un bel finto braccio di ferro con Alain Delon per il settantesimo di Paris Match, il 29 maggio 2019. Eravamo felici. Gli ho detto arrivederci, vediamoci.
  • Dissero che Delon era un tuo rivale, sin dai tempi di Borsalino.
  • Abbiamo avuto liti epiche. È acqua passata. Siamo stati e siamo ancora amici. Ci vediamo sempre. Anche con i nostri figli.
  • E Godard?
  • Non ero affatto sicuro del cinema. Avevo dubbi se continuare a fare cinema o tornare al teatro. Ero un bravo attore teatrale. Poi è arrivato Godard e con “Fino all’ultimo respiro” assieme a Jean Seberg la mia carriera è decollata. Ho lavorato allora anche con Marcel Carné e Claude Chabrol, direi che non mi posso lamentare. Godard è un regista molto importante, ma lavorare con lui è difficile perché è molto duro. Non è facile andare d’accordo con lui.
  • Il tuo viso è stato ripreso in molti personaggi dei fumetti, ad esempio in Blueberry di Jean Michel Carrier e Jean Giraud.
  • Sì, è vero.
  • Dicevano che eri l’erede di Jean Gabin.
  • Credo che Jean Gabin sia stato un grande attore, non ci sarà un altro Gabin. Non sono io, ma ho cercato di fare del mio meglio per essere un buon attore, essere me stesso.
  • Hai avuto due mogli, relazioni importantissime con Ursula Andress, Laura Antonelli, la brasiliana Carlos Sotto Mayor, pare anche con quasi tutte le attrici che hanno lavorato con te e varie, molte, altre donne.
  • Et voilà. Sì, sì, ho avuto tante donne, dicevano brutto e attraente. Brigitte Bardot era adorabile. Ma ho anche preso la Palma d’Oro a Cannes nel 2011, il Leone d’Oro alla carriera a Venezia nel 2016 e altri riconoscimenti. Sono anche Commendatore dell’Ordine nazionale al Merito (1994) E Commendatore della Legion d’Onore (2007).
  • Hai sempre avuto coraggio, con il tuo eterno sorriso.
  • Nella mia carriera ho fatto tutto quello che volevo fare. Ormai amo il sole e il mare, il lavoro non mi preoccupa più. Molti dicono di essere i miei eredi, io ho chiuso con il cinema e sta a loro farsi strada.
  • Quindi sei felice.
  • Nel mondo attuale è complicato essere felici. Ci sono molte brutture. Non mi lamento, ho avuto tanto. Ai Cesar nel 2017 sono stato festeggiato con affetto e con il cuore ho ringraziato. Gli applausi non finivano. Ma per dimenticare il male che c’è l’importante è sorridere sempre.

E Bebel, tornato ai suoi 88 anni, si congeda con una risata, dicendomi “Et voilà, ciao”.