ATTUALITA’
GIUSEPPE BOTTAI TRA CULTURA E POLITICA, FASCISTA ANOMALO IN ANNI DIFFICILI
Guido Barosio
Quello che va compreso, e che da storico conosco bene, è la complessità del fenomeno fascista.
C’è una trasmissione di Radio Capital – I Sopravvissuti – condotta da Pif e Michele Astori che va in onda ogni sabato mattina. Uno di quei contenitori dove tra ironia, non sempre vincente, e spunti giornalistici, a volte forzati, per cercare il grottesco ad ogni costo, si fa il punto sugli eventi della settimana. In una recente edizione del programma i due conduttori propongono una crociata dove l’obiettivo sembra facile: eliminare la strada dedicata a Giuseppe Bottai nel piccolo centro di Vairano Patenora nel casertano. Sulla graticola finisce anche il sindaco Bartolomeo Cantelmo, apparentemente imbarazzato. Dicevamo ‘facile’ perché il vilain da bandire è un gerarca che ha firmato le leggi razziali, un simbolo evidente delle nostre pagine più oscure. Ma adesso facciamo qualche passo indietro: nel 1983 io mi sono laureato all’Università di Torino con la tesi dal titolo ‘Giuseppe Bottai e il progetto di un fascismo intellettuale’, 420 pagine, relatore Massimo L. Salvadori, tra i massimi storici italiani (fondamentale il suo ‘Storia dell’età contemporanea’), politicamente legato al PCI e più tardi deputato col PDS. Fu un lavoro di grande prospettiva intellettuale, ‘scientifico’ per come può essere scientifica una ricerca su anni vicini e tormentati, assolutamente ‘libero’ da ogni condizionamento, esclusivamente condotto su documenti d’epoca e sulle due riviste che Bottai diresse: Critica Fascista e Primato. A Salvadori, docente dalla schiena dritta e grande maestro, devo la conoscenza di una figura, quella di Bottai, che si rivelò sorprendente, intrigante e sicuramente complessa. Aggiungiamo il fatto che laurearsi sul fascismo in quegli anni, con una tesi evidentemente ‘indipendente’, non era certamente scelta facile. Così, a distanza di quasi 40 anni, sento il bisogno di restituire luce e giustizia ad un personaggio che non merita il teatrino ‘ignorante’ apparecchiato da una radio mainstream. E dove per ‘ignorante’ non intendo l’insulto, ma la definizione di chi ignora come ce la consegna Treccani: “che non conosce una determinata materia, che è in tutto o in parte digiuno di un determinato complesso di nozioni”. Cominciamo con gli elementi chiave del mio giudizio su Bottai: fu fascista? Certo, fu amico di Benito Mussolini? Indubbiamente, fu tra i massimi esponenti del partito? Anche, firmò le leggi razziali? Senza alcun dubbio, anche se la vicenda fu molto più complessa e da lui non concepita. Ma Bottai fu anche tanto altro: un intellettuale che protesse sempre gli intellettuali dandogli voce e spazio, un politico che concepì e organizzò il corporativismo mettendosi di traverso, più volte, nel partito, inoltre promulgò leggi a favore del patrimonio storico-artistico e sulle bellezze naturali che rimasero tali anche nel dopoguerra, votò per la destituzione di Mussolini guadagnandosi una condanna a morte, infine, dopo la liberazione di Roma, si arruolò nella Legione Straniera combattendo sul campo contro i tedeschi fino in Germania. Dopo una condanna all’ergastolo fu amnistiato nel 1947, riprese a fare il giornalista e fondò la rivista di critica politica ABC. Sulla sua vita – e sulla storia di 30 anni d’Italia – restano due diari (profondi di riflessioni e di tormenti), il suo epistolario e i bei libri della figlia e di Giordano Bruno Guerri, il principale tra i suoi riabilitatori.
Quello che va compreso, e che da storico conosco bene, è la complessità del fenomeno fascista: una pagina di storia che non fu mai omogenea, ma ricca di personalità di spicco spesso contrapposte, un ‘luogo politico’ dove all’interno esisteva il consenso e l’opposizione, la mediazione come la sottomissione. In una dittatura, quando la dittatura si consolida attraverso vent’anni ininterrotti di potere, è al suo interno che, inevitabilmente, si confrontano tesi e posizioni differenti. Attraverso le pagine di Critica Fascista scopriamo un’anima conservatrice e una rivoluzionaria, leggiamo articoli dove l’Unione Sovietica viene lodata come elemento fondamentale di contrapposizione alle democrazie borghesi, leggiamo anche pagine su pagine dove il corporativismo veniva definito ‘proletario e antiborghese’. Proprio su questo tema – Bottai fu ministro delle corporazioni – il gerarca giocò, senza riuscire pianamente ad affermarsi, tutto il suo prestigio. Questa dottrina – che teorizzava il potere congiunto del proletariato con i detentori dei mezzi di produzione, in campo industriale e agricolo – trovò solo limitate applicazioni, ma venne studiata (e ampiamente lodata) nella facoltà russe ed americane. Gli intellettuali vedevano in Bottai un amico e un sostenitore, tanto da seguirlo anche nelle fiamme della guerra. La sua rivista ‘Primato, lettere e arti d’Italia’, pubblicata tra il 1940 e il 1943, vide tra i suoi collaboratori: Corrado Alvaro, Riccardo Bacchelli, Vitaliano Brancati, Carlo Emilio Gadda, Alfonso Gatto, Renato Guttuso, Dino Buzzati, Eugenio Montale, Cesare Pavese, Guido Piovene, Vasco Pratolini, Salvatore Quasimodo e Giuseppe Ungaretti. Dopo il conflitto molti di loro divennero rapidamente comunisti e antifascisti. Il fascismo di Giuseppe Bottai non fu quello che i manuali di storia, sovente frettolosi, ci rimandano. Il fascismo di Giuseppe Bottai, soprattutto, avrebbe potuto essere differente, molto differente. Ma lui, politico colto e anticonvenzionale, dovette digerire e sottoscrivere posizioni che in fondo non condivideva, come nel caso delle leggi razziali. La sua fu sempre una speranza rivolta all’amico Mussolini, che amava e stimava. Convinto che, come in qualche occasione per la verità accadde, il Duce gli avrebbe sempre accordato approvazione e benevolenza. La sua fu anche una battaglia dall’interno: riformatrice, modernizzatrice, coraggiosa. Ma quando la storia fece il suo corso Giuseppe Bottai non si nascose, seppe scegliere, spezzo il suo legame ventennale con il condottiero che non riconosceva più in quanto tale. Per questo rischiò la vita e seppe metterla in gioco, combattendo a fianco di soldati che, anagraficamente, potevano essere suoi figli. Cari Pif e Astori, mi sento di dirvi che avete sbagliato bersaglio. Con poche frasi, e una polemica stantia, non si può sintetizzare il percorso umano di un personaggio dalla complessità e dalla grandezza evidente. Nella storia d’Italia Giuseppe Bottai non lo troverete mai schierato silenziosamente sul fronte delle facili soluzioni. Seppe essere testimone e protagonista del proprio tempo. Toglietegli pure la via di Vairano Patenora, la sua memoria ha un valore specifico differente, non certo misurabile con una semplice targa.