RELIGIONE

ESATTAMENTE COSÌ COME SEI

Eugenia Massari

Nel mondo antico non esisteva dunque il concetto di cultura, bensì le singole arti: il teatro, la musica, la poesia.

«L’Iperuranio, il luogo sopraceleste, nessuno dei poeti di quaggiù lo cantò mai, né mai lo canterà in modo degno. La cosa sta in questo modo, perché bisogna avere veramente il coraggio di dire il vero, specialmente se si parla della verità. L’essere che realmente è, senza colore, privo di figura e non visibile, e che può essere contemplato solo dalla guida dell’anima, ossia dall’intelletto, e intorno a cui verte la conoscenza vera, occupa tale luogo»

(Platone, Fedro 247 C-D)

Le grandi Civiltà sono sempre state religiose. Tutte le culture umane, in tutti i tempi, a tutte le latitudini, sono sempre state religiose. Prima di essere insieme di usi e norme, la religione è un sentimento primordiale. La parola cultura così come la conosciamo nella società dei consumi, non esiste all’interno delle scienze storiche del mondo antico. Ciò che comunemente riconosciamo come attività intellettuale non è concepita se non all’interno di culture burocratizzate. Forme di emanazione delle nomenklatura. Propaganda, insomma. Nell’Antica Cina la parola per indicare intellettuale coincideva con l’ideogramma che significava debole. Nella cultura greco-romana la prerogativa dell’uomo di valore è l’azione e non la speculazione. Lo studio stesso è visto come sforzo innaturale, al limite dell’attività insalubre ed è per questo connesso con il concetto di azione come contrappasso, a limitarne la pericolosità. Nella medicina cinese lo studio eccessivo è una forma di snaturamento dell’uomo. I concetti di alienazione e nevrosi sono stati introdotti in relazione allo stile di vita degli individui all’interno delle società moderne e dei modi di produzione delle economie industrializzate. Nel mondo antico non esisteva dunque il concetto di cultura, bensì le singole arti: il teatro, la musica, la poesia. Su un altro gradino e tese verso la dimensione spirituale: filosofia e religioni. Sulla connessione filosofia-azione si è costruito tutto il pensiero greco-romano. Anche quando in apparenza quell’azione fosse dai filosofi negata, la filosofia restava concepita come riflessione per l’azione del benessere – dell’essere buoni -, la pratica delle buone leggi, la pratica del buon governo, la ricerca del Bene che è, appunto ed esso solo per gli antichi, Sofia. A definire le culture del mondo preistorico e protostorico, sopra ogni cosa, sono stati usati gli elementi del culto. Primo fra tutti, la cura concessa ai morti. Cultura è connessa a culto fin dalle radici delle origini semantiche. Colere è coltivare la terra e dunque vivere, affrontare il mistero dell’essere al mondo ma anche avere cura di, fare uno sforzo, modificare e trasformare. Rendere morbido e in grado di generare frutti, ciò che è selvatico e duro. Nel culto rientra il concetto della cura, rendere culto. Le religioni, dunque, come ancestrale, arcaico e innato slancio dell’uomo verso il mistero dell’esistere, ma anche tentativo di nobilitazione del loro stare al mondo.

Cambiamento, trasformazione, smussamento dei cattivi caratteri insiti, invito al miglioramento. Quando non invito alla metafisica, al superamento del mondo. Nelle società che hanno disprezzato le religioni o hanno tentato di spogliarle del sacro, ecco che il potere è diventato esso stesso religione – unica – da adorare. Dove si sono dissacrati i culti è stata poi distrutta anche la cultura: disprezzati gli artigianati, sfruttati fino all’inverosimile gli agricoltori, umiliate tutte le forme dello stare al mondo che non fossero i vertici stessi degli apparati burocratici che generavano la visione distorta. Sotto i regimi e le dittature militari – URSS, DDR, Nazismo – il potere, acquisendo linguaggi rituali e religiosi, ha perseguitato o limitato – mettendoli sotto controllo – i culti. Sotto i regimi comunisti, oltre alla persecuzione i culti sono stati anche irrisi. Ed è dalla matrice ideologica di questo bisogno di dissacrazione, che si è evoluto il trattamento e la riflessione sopra le religioni nella civiltà dei consumi. Nelle culture contemporanee, partorite dal mero materialismo consumistico, sono le stesse religioni che desiderano spogliarsi del rito e del sacro per attingere all’immaginario sociale e politico. Politica e religione, lo scambio si fa reciproco e i soggetti diventano indistinguibili. Siccome cultura umana senza culto non è data, ecco però che la decostruzione dei culti non implica il loro – impossibile – superamento, quanto piuttosto la loro sostituzione con altri culti. La merce, l’energia sessuale bassa, l’appartenenza al gruppo – in quanto fonte in sé di vita -. I preti laici di cui parlava Pasolini, altro non erano che i gestori-delle-masse-tramite-ideologie. Secondo Pasolini, le ideologie si sarebbero sostituite al sacro anche e soprattutto nella società dei consumi. Il poeta aveva intuito il lavoro di utilizzo del linguaggio religioso e la divinizzazione del potere attraverso tecniche di marketing ed intrattenimento – la divinizzazione delle mode e la divinizzazione dell’appartenenza al gruppo, come valore in sé-.  Distrutte le religioni, dissacrata la sacralità della vita, abolito il mistero, nella società della merce, non esiste più niente. Proprio e soprattutto per le classi più umili, per i lavoratori. Nella civiltà della merce esiste solo l’immagine dell’eterna giovinezza del gruppo. Che è aspirazione eternamente inappagata del singolo. Una giovinezza del pensiero automatico. Una giovinezza del farsi-ripetitori-di-linguaggi-altrui. Sono le masse di nuovi barbari che premono su tutto. Divertendosi, intrattenuti, tutto schiacciano. Tutto dissacrano. Con ideologie che li utilizzano, politiche che li infoiano e religioni che li assicurano che loro vanno bene esattamente così come sono.

LINK E RIFERIMENTI

Porno Teo Kolossal, Pier Paolo Pasolini (con Eduardo De Filippo)

Fedro, Platone. A cura di G. Reale ed. Bompiani