Corpi che si ammassano. Gruppi che si accalcano con violenza. Fronti che si accaldano. Parole a malapena udite e solo in virtù tecnologica di microfono. In sottofondo, urla indistinte e feroci. La diretta dal Parlamento ci regala l’immagine dell’essere umano invasato dall’avidità – i cani che si litigano l’osso -. L’interiore – a malapena compresso – …digrigna i denti? ‘L fosso in che si paga il fio / a quei che scommettendo acquistan carco. Inferno, nona bolgia, ventottesimo Canto.
Dopo aver letto e ascoltato le ultime notizie, allarmanti e allarmate, che i Media hanno divulgato nelle ultime 24 ore, riguardo al nuovo ceppo virale sviluppatosi oltre Manica, mi si è subito creato nella mente un parallelismo con il titolo di un noto film degli anni ’70, “la Sindrome cinese”, pellicola interpretata da Michael Douglas, Jane Fonda e Jack Lemmon, che trattava dei pericoli dell’energia nucleare.
Rimarranno sicuramente una pietra miliare nella Storia degli uomini e delle donne le parole pronunciate da Kamala Harris, prima Vicepresidente “donna” degli Stati Uniti, nel suo primo discorso, dopo l’elezione a Presidente di Joe Biden: “Sebbene io sia la prima donna a ricoprire questo incarico, non sarò l’ultima. Penso a intere generazioni di donne che hanno battuto la strada per questo preciso momento.
Da oltre 30 anni mi occupo di reti, sistemi e web. Ciò nonostante riesco ancora a sorprendermi di quanta poca consapevolezza abbiano molte persone in merito all’uso quotidiano dei dispositivi telematici e dell’ormai imprescindibile protesi, lo smartphone, che ognuno di noi si porta appresso in ogni istante della giornata.
“Sono la prima, ma non sarò l’ultima”. Sono queste le parole pronunciate da Kamala Harris per il suo primo discorso a Wilmington in North Carolina. Kamala è la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti.
La prima ondata aveva travolto l’Italia prima di ogni altro Paese occidentale. Ne eravamo rimasti frastornati. Con un ritardo di due settimane avevamo finalmente capito che si trattava di un nemico completamente sconosciuto che dovevamo affrontare a mani nude, senza sapere come gestirlo.
Di qualunque orientamento religioso, filosofico o politico si possa essere, che si sia credenti, atei o semplicemente laici, non si può negare la potenza delle ultime affermazioni di Papa Francesco. Di questi giorni l’aperura clamorosa del Pontefice alle coppie gay, per le quali auspica il riconoscimento legale da parte dello Stato.
Non c’è pace per l’Armenia. I conflitti di queste ultime settimane ne sono la conferma. Un padre sui social urla al mondo il suo dolore per la morte di suo figlio diciottenne abbattuto sul fronte. Quel volto giovane e forte è diventato il simbolo dell’Armenia odierna, il simbolo di una guerra che sta urlando un po’di attenzione all’Occidente ed al mondo intero.
Chiara Ferragni, cremonese, bionda, imprenditrice digitale, un successo con poche sbavature, donna, moglie e madre felice. Identità visiva di un nuovo proselitismo del vivere bello e perfetto viene oggi raffigurata nei panni di una Madonna contemporanea dipinta da Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato.
Nato nel 1952, mi sento di appartenere a quella generazione, forse l’ultima, che ha vissuto, o ha coscienza e memoria storica del nostro ‘ultimo medio evo’. Tale può considerarsi il periodo del dopoguerra, ovvero gli anni ‘40 – ‘60 del secolo scorso; gli anni degli stenti, della fame, dei sacrifici, del pane duro, dell’esodo, della emigrazione; anni di povertà, in cui si soffriva la mancanza di cibo, dove era altissima la mortalità infantile e ancora bassa l’aspettativa di vita.